L’uomo è buono per natura?

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1 • Benvenuti nel futuro!

(Se possibile, leggere il virgolettato qui sotto con tono un po’ spocchioso)

«Finalmente ce l’abbiamo fatta! È stata dura, ma ci siamo riusciti…»

«Ci abbiamo messo un numero incalcolabile di anni…»

«Il cammino è stato lungo… il lavoro faticoso… ci sono stati alcuni incidenti di percorso…»

dittature campi di concentramento

«C’è da dire che una cosa l’avevamo capita già da qualche secolo: cioè che l’uomo è buono per natura… quello che lo corrompe è solo l’educazione sbagliata»

«Lo sapevamo già che riformando le strutture sociali avremmo risolto il problema»

«Intervenendo sul “sistema”, tutto si sarebbe sistemato… e l’uomo avrebbe potuto vivere in pace con se stesso e con gli altri»

«Il problema è la società: lo dicevano i comunardi di Parigi; lo ripetevano i marxisti e i nazisti; continuavano a sostenerlo i socialisti e i capitalisti!»

  • «Le ingiustizie? Colpa della società!»
  • «Le disuguaglianze? Colpa della mancata istruzione!»
  • «I crimini e la delinquenza? Colpa dell’economia!»
  • «Le discriminazioni? Colpa dell’educazione!»

«…che stupidi che sono stati gli uomini del passato! Come hanno fatto a non trovare le leggi giuste? Come hanno fatto a sbagliare metodo educativo

«Per fortuna siamo arrivati NOI

«Con le NOSTRE leggi, renderemo giustizia della grandezza dell’uomo!»

«Ora che NOI abbiamo in mano l’educazione, il futuro del nostro paese sarà radioso!»

politica moderna

Ma proviamo a togliere dal discorso il trionfalismo, la spocchia, il tono da «noi-si-che-abbiamo-capito» mica come «quegli-altri-là»… e concentriamoci sul nocciolo della questione…

l’uomo è veramente buono per natura?

La “colpa” è della società?

Dell’educazione sbagliata?

Del contesto in cui si vive?

Se esistesse un percorso di formazione umana (antropologico, sociale, psicologico, politico) ben strutturato, proposto ad ogni persona, dall’infanzia fino all’età adulta, si potrebbe creare il paradiso in terra?

La tanto agognata (da ogni Miss Italia che si rispetti) pace nel mondo?

2 • La donna, la mela, il serpente e altre “fregnacce”

Per cercare una risposta alla domanda (se l’uomo sia buono per natura) facciamo un passo indietro…

Soffiamo via le tre dita di polvere dalla Bibbia che zia Adalgisa ci ha regalato il giorno della prima comunione, e vediamo se esce fuori qualcosa di interessante da quelle pagine ingiallite…

Credo che il cuore della questione sia contenuto all’inizio delle tremilaepassa pagine, nei primi capitoli del libro della Genesi.

Probabilmente la vicenda di Adamo ed Eva la conoscete tutti: l’uomo e la donna – che vivono in santa pace nel Paradiso terrestre – vengono ingannati dal serpente, mettono in dubbio la bontà di Dio, tradiscono la sua fiducia e perdono la possibilità di rimanere nel giardino dell’Eden:

adamo eva serpente

Ora.

Sul blog avevo già parlato dei generi letterari che si trovano nella Bibbia.

E di come (Bibbia o non Bibbia) per comprendere il significato di un testo occorre contestualizzarlo (come diceva un mio professore, «non c’è testo senza contesto»).

Riguardo al brano di Genesi che ho nominato, possiamo dire (senza complicare troppo le cose) che utilizza un linguaggio fortemente simbolico.

Intendiamoci: “simbolico” non significa “falso”.

“Simbolico” non significa neanche “riscontrabile empiricamente in laboratorio”.

La parola “simbolo” (dal greco σύν «insieme» e βάλλω «gettare») letteralmente significa “mettere insieme”; ovvero qualcosa “che rimanda a…”, “che richiama qualcosa di diverso da ciò che la cosa è fisicamente…”.

Diceva il filosofo tedesco Josef Pieper (1904-1997):

Il vicolo cieco in cui si è cacciato questo razionalismo è che, per esso, al di fuori dell’“affermazione scientifica” non esiste altro che fantasia, e non piuttosto una terza realtà che non sia né una cosa né l’altra.

(JOSEF PIEPER, Über die platonischen Mythen, 1965, p.19)

Il linguaggio simbolico si serve di analogie, di allusioni, di corrispondenze.

È un linguaggio a cui “sta stretto” il concetto di verità del razionalismo… e quindi, “lo amplia”.

Che poi, se ci pensate, penso che valga lo stesso per i miti o per le fiabe… cioè, tanto per dire: secondo voi, la storia de “la cicala e la formica” è vera o falsa?

la cicala e la formica

3 • Genesi, significato

Nel paragrafo precedente ho scritto – tra le righe – che i miti e le fiabe sono testi che raccontano qualcosa di vero.

Bene. Però…

…Genesi non è una fiaba (*).

…Genesi non è un mito (*).

Genesi è parola di Dio (*): è un testo che – attraverso simboli – racconta verità su Dio e sull’uomo, sulla natura di quest’ultimo e sul suo cuore, su una fiducia tradita e sulla ferita che ne è scaturita (*).

(*) (Oh, come al solito, se è vero il cristianesimo… sennò stiamo qua a incipriarci il pisello)

genesi vero o falso

“Facciamo finta” di non essere tutti scettici e materialisti (chi più chi meno).

“Facciamo finta” che il libro di Genesi non sia un reperto archeologico.

Ipotizziamo per un secondo che sia un testo ispirato; che sia per davvero parola di Dio; che in quelle righe ci sia “qualcosa” che Dio voleva comunicarci.

Di che si tratta?

Del “reportage” di ciò che è successo all’inizio dei tempi? Della storia di un giardino bellissimo, un serpente parlante, una mela proibita e un Dio indispettito?

Diceva Blaise Pascal (1623-1662):

Quando la parola di Dio, che è veridica, è falsa letteralmente, essa è vera spiritualmente.

(BLAISE PASCAL, Pensieri)

Gli fa eco Joseph Ratzinger, che nell’1985 scriveva:

La narrazione della Sacra Scrittura sulle origini non parla alla maniera storiografica moderna, ma parla attraverso le immagini. È una narrazione che rivela e nasconde allo stesso tempo.

(JOSEPH RATZINGER, intervistato in VITTORIO MESSORI, Rapporto sulla fede, Vittorio Messori a colloquio con Joseph Ratzinger, San Paolo Edizioni, Cinisello Balsamo (MI) 2005, p. 82)

Cosa significa il racconto di Adamo ed Eva?

Dio ha creato l’uomo e la donna buoni. Sono talmente «ben fatti» che si compiace del suo operato:

E Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò.
[…]
Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona.

(Gen 1,27.31)

La creazione è concepita da Dio come un rapporto di comunione e di fiducia.

A un certo punto però compare un “personaggio misterioso”: il serpente (di cui un giorno parleremo):

Il serpente era il più astuto di tutti gli animali selvatici che Dio aveva fatto e disse alla donna: «È vero che Dio ha detto: «Non dovete mangiare di alcun albero del giardino»?».

(Gen 3,1)

Sussurra poche parole. Sufficienti però a mettere una pulce nell’orecchio di Adamo ed Eva. Tant’è che i due abboccano all’amo:

Rispose la donna al serpente: «Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma del frutto dell’albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: «Non dovete mangiarne e non lo dovete toccare, altrimenti morirete»».
Ma il serpente disse alla donna: «Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il bene e il male».
Allora la donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradevole agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne mangiò.

(Gen 3,1-6)

Parafrasando: Adamo ed Eva mettono in dubbio ciò che Dio aveva detto loro.

Non si fidano più di Lui.

Iniziano a pensare:

peccato originale adamo ed eva

L’esito di questo atteggiamento è la rottura del rapporto di fiducia tra Dio e le sue creature.

La conseguenza è una ferita nel cuore dell’uomo.

Quella ferita si chiama «peccato originale».

L’uomo perde la fiducia in Dio

…ma anche negli altri: Adamo non si fida più di Eva (e viceversa); si accusano l’un l’altra, si crea un clima di sospetto:

[il Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse:] «Hai forse mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?». Rispose l’uomo: «La donna che tu mi hai posto accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato». Il Signore Dio disse alla donna: «Che hai fatto?». Rispose la donna: «Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato»

(Gen 3,11-13)

I rapporti non sono più di comunione, ma di diffidenza e di dominio reciproco.

«Homo homini lupus». «Mors tua, vita mea».

4 • Il peccato originale, ovvero: “Ma io che c’entro?”

E qui potrebbe sorgere la domanda: «Sì, ok. Capito l’antifona. Mannaggia ad Adamo ed Eva… ma IO che c’entro.

«Se il peccato l’hanno fatto LORO, che colpa ne ho io?».

Purtroppo, la ferita non riguarda solo Adamo ed Eva.

Per usare un’analogia, come da una fonte inquinata scaturisce acqua inquinata, così è stato per gli uomini: da-che-mondo-è-mondo ognuno di noi ha un tarlo nell’orecchio: «Dio e gli altri mi stanno fregando… meglio se faccio io Dio, e me le sistemo da solo le cose».

La creatura non accetta di essere solo una creatura, ma vuole giocare a fare il creatore.

E poi fa danni (*)

(*) (Tra i tentativi di creazione di “paradisi in terra” togliendo Dio di mezzo, si possono ricordare la rivoluzione francese e il regime del Terrore che ne è seguito, il fascismo, il comunismo sovietico, il nazismo, il comunismo cubano, le dittature latino-americane, il totalitarismo in Corea del nord, la metà delle dittature africane, etc.)

Il brano del peccato originale è il racconto – simbolico, ma vero – di una caduta.

Dopo questa caduta, l’uomo rimane profondamente segnato.

5 • Il peccato originale “sgamato” dai non-cristiani

Ho sempre apprezzato il fatto che – nella lettera ai romani – Paolo di Tarso confessi molto candidamente:

Non riesco a capire ciò che faccio: infatti io faccio non quello che voglio, ma quello che detesto.
[…]
Io so infatti che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene: in me c’è il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio.
[…]
Infatti nel mio intimo acconsento alla legge di Dio, ma nelle mie membra vedo un’altra legge, che combatte contro la legge della mia ragione e mi rende schiavo della legge del peccato, che è nelle mie membra.
Me infelice! Chi mi libererà da questo corpo di morte?

(Rom 7,15.18-19.22-24)

Credo che questi versetti siano una delle testimonianze più evidenti delle tracce che il peccato originale lascia nel cuore dell’uomo: una alienazione, un desiderio di bene che non trova appagamento.

Una “schizofrenia“.

pesaculo

La cosa “buffa” del peccato originale è che lungo il corso della storia, molte persone – che non erano cristiane – ne hanno intravisto gli effetti.

Scriveva Ovidio (43 a.C. – 17 d.C.), uno dei più famosi poeti latini:

Video meliora proboque / deteriora sequor
(“Vedo ciò che è meglio e lo approvo, ma seguo il peggio”)

(OVIDIO, Metamorfosi, libro VII, vv.20-21)

Gli fa eco il celebre poeta Ugo Foscolo (1778-1827):

Conosco il meglio ed al peggior mi appiglio

(UGO FOSCOLO, Sonetti, “Non son chi fui, perì di noi gran parte”)

Più sottile e cinico – ma sulla stessa lunghezza d’onda – è lo scrittore inglese Oscar Wilde (1854-1900):

Chiunque può simpatizzare con il dolore di un amico, ma solo un animo nobile riesce a simpatizzare col successo di un amico

E a mo’ di ciliegina sulla torta, il comico Groucho Marx (1890-1977):

Nessuno è completamente infelice del fallimento del suo migliore amico

Non è questione di buona o cattiva educazione: è uno squilibrio che tocca le corde più intime dell’uomo…

il signore delle mosche

Commentava simpaticamente Gustave Thibon (1903-2001), filosofo e scrittore francese:

Sono tra quegli attardati che credono ancora nel peccato originale… anzi, non ho neanche il bisogno di crederci; l’evidenza mi dispensa dalla fede!

In sintesi: perché la frase di Ovidio (che ho scritto sopra) sembra così simile a quella di San Paolo? Come mai anche Foscolo e Groucho Marx sembrano toccare le stesse corde, pur non essendo cristiani?

Quel che ci viene manifestato dalla rivelazione divina concorda con la stessa esperienza.
L’uomo, se guarda dentro al suo cuore, si scopre inclinato anche al male e immerso in tante miserie […].
L’uomo si trova diviso in se stesso.
Per questo tutta la vita umana, sia individuale che collettiva, presenta i caratteri di una lotta drammatica tra il bene e il male, tra la luce e le tenebre.
Anzi l’uomo si trova incapace di superare efficacemente da sé medesimo gli assalti del male, così che ognuno si sente come incatenato.

(CONCILIO VATICANO II, Costituzione pastorale «Gaudium et Spes», capitolo I, punto 13, 1965)

6 • Il peccato originale nel terzo millennio

Come disse l’allora cardinale Joseph Ratzinger, quando era prefetto della “Congregazione per la Dottrina della Fede”:

L’incapacità di capire e presentare il “peccato originale” è davvero uno dei problemi più gravi della teologia e della pastorale attuali.

(JOSEPH RATZINGER, intervistato in VITTORIO MESSORI, Rapporto sulla fede, Vittorio Messori a colloquio con Joseph Ratzinger, San Paolo Edizioni, Cinisello Balsamo (MI) 2005, p. 79)

Ovvero, traducendo questa frase in un linguaggio più “terra terra”:

Il peccato originale non è una cosa “teorica”, sconnessa dalla realtà; non è una disquisizione sul sesso degli angeli o fregnacce simili.

È una questione pastorale, cioè:

  • pratica
  • operativa
  • concreta

Se non se ne parla, i cristiani crescono storti e vanno in giro a dire fregnacce!

Continua il pastore tedesco:

Il cristiano non farebbe abbastanza per i fratelli se non annunciasse il Cristo che porta la redenzione innanzitutto dal peccato; se non annunciasse la realtà dell’alienazione (la “caduta”) e al contempo la realtà della Grazia che ci redime, ci libera; se non annunciasse che per ricostruire la nostra essenza originaria c’è bisogno di un aiuto al di fuori di noi; se non annunciasse che l’insistenza sull’auto-realizzazione, sull’auto-redenzione non porta alla salvezza ma alla distruzione.
Se non annunciasse, infine, che per essere salvati occorre abbandonarsi all’Amore.

(JOSEPH RATZINGER, intervistato in VITTORIO MESSORI, Rapporto sulla fede, Vittorio Messori a colloquio con Joseph Ratzinger, San Paolo Edizioni, Cinisello Balsamo (MI) 2005, p. 82)

Insomma, come dice anche il catechismo della chiesa cattolica nel paragrafo sul peccato originale:

Ignorare che l’uomo ha una natura ferita, incline al male, è causa di gravi errori nel campo dell’educazione, della politica, dell’azione sociale e dei costumi.

(CCC 407)

Le conseguenze del peccato originale hanno ripercussioni:

  • educative
  • politiche
  • sociali

Colpisce dolorosamente poi – in sacerdoti, in teologi! – questa illusione così poco cristiana di poter creare un uomo e un mondo nuovi, non col chiamare ciascuno a conversione, ma agendo solo sulle strutture sociali ed economiche.
È il peccato personale che è in realtà alla base anche delle strutture sociali ingiuste.
È sulla radice, non sul tronco e i rami dell’albero dell’ingiustizia che bisognerebbe lavorare se si vuole davvero una società più umana.
Sono verità cristiane fondamentali, eppure respinte con disprezzo come “alienanti”, “spiritualiste”.

(JOSEPH RATZINGER, intervistato in VITTORIO MESSORI, Rapporto sulla fede, Vittorio Messori a colloquio con Joseph Ratzinger, San Paolo Edizioni, Cinisello Balsamo (MI) 2005, pp. 202-203)

7 • L’alternativa al peccato originale: il pelagianesimo

Dato che è il terzo mese di fila che nomino il pelagianesimo, scrivo due righe in più sull’argomento…

Pelagio (360-420) era un asceta “britanno” (una popolazione celtica), che predicò a Roma verso il 390.

Il centro della sua predicazione consiste in una visione ottimistica della condizione umana: per Pelagio, se l’uomo vuole DAVVERO essere buono, trova in sé stesso la forza per farlo: è sufficiente la volontà per compiere il bene, e rifiutare il peccato.

Il peccato originale – secondo Pelagio – “riguarda” solo Adamo ed Eva. Gli altri uomini non hanno contratto questa ferita.

Per Pelagio, la grazia donata da Cristo non è necessaria: «Sì, ok, è un aiutino in più… ma se ne può fare a meno. Idem per i sacramenti e le preghiere: non sono fondamentali; quello che conta è una decisa azione morale; quello che conta sono le forze personali.

…qualche anno dopo Agostino d’Ippona (col suo “De natura et gratia” del 415) smontò l’errore di Pelagio: errore che consisteva «nel lodare l’opera del Creatore della natura umana, al punto da rendere superflua l’opera del Redentore. […] Pelagio svuotava di significato la passione e morte di Cristo» (ALBERTO TORRESANI, Storia della Chiesa. Dalla comunità di Gerusalemme a papa Francesco, p. 109 e ss.).

pelagio e agostino

Purtroppo, la scomparsa del peccato originale dalle catechesi di molti sacerdoti, credo che stia portando inesorabilmente ad una crescente mancanza di misericordia.

Perché?

Perché chi nega il peccato originale, cioè chi nega questa alienazione nel cuore dell’uomo, pian piano (con le parole, o con il suo stile di vita) fa passare il messaggio che «dipende tutto dalle tue forze»… dunque se «ti è stato spiegato» come ti devi comportare, e non lo fai, «la colpa è tutta tua»!

  • «Se volessi veramente bene agli altri, non faresti questo!»
  • «Sono tante volte che te lo ripeto, e ancora non capisci che mi fai soffrire!»
  • «Si vede che non ci tieni a quella persona, altrimenti non diresti queste cose!»

Come ha scritto anche papa Francesco:

Quelli che rispondono a questa mentalità pelagiana […], benché parlino della grazia di Dio con discorsi edulcorati, in definitiva fanno affidamento unicamente sulle proprie forze e si sentono superiori agli altri […].
Quando alcuni di loro si rivolgono ai deboli dicendo che con la grazia di Dio tutto è possibile, in fondo sono soliti trasmettere l’idea che tutto si può fare con la volontà umana, come se essa fosse qualcosa di puro, perfetto, onnipotente, a cui si aggiunge la grazia. Si pretende di ignorare che non tutti possono tutto.

(PAPA FRANCESCO, Esortazione apostolica «Gaudete et Exsultate», 49)

Chi nega la ferita del peccato originale, diventa poco alla volta spietato (prima con sé stesso, e poi con gli altri).

Al contrario, avere sotto gli occhi questa fragilità che tocca le mie corde più intime, è fonte di misericordia e di empatia; riconoscere la mia debolezza mi aiuta (con la grazia di Dio) ad accogliere quella degli altri.

8 • Conclusione

Stringi stringi, il problema del peccato originale è uno solo: ci fa rodere il culo scoprirci deboli.

Del dono della grazia di Dio vorremmo farne a meno…

Un “Altro” che cura le mie ferite, mi dona il Suo sguardo, mi aiuta ad accogliere le mie fragilità e quelle degli altri, mi perdona… a noi “cristiani emancipati” del terzo millennio non ci sta bene!

(Eppure, a Messa ripetiamo – pappagallescamente? – nel Credo: «per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo»solo se Dio stesso prende l’iniziativa c’è «salvezza»).

Per fortuna, Dio è paziente. Sa stare al passo dell’orgoglio delle persone (a cominciare dal mio). In attesa di uno spiraglio da cui entrare… «Ecco: sto alla porta e busso» (Ap 3,20)

sale

(Inverno 2019-20)

Fonti/approfondimenti

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