Bibbia o scienza: chi ha ragione?

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1 • Chi ha ragione? La Bibbia o la scienza?

È risaputo che la Bibbia, per i cristiani, è «parola di Dio».

Questa cosa la sanno tutti – credenti e non credenti.

Bene.

Maaa… cosa significa esattamente questa affermazione?

  • Significa forse che la Bibbia dice «la verità»?
  • E di quale verità stiamo parlando?
  • Una verità scientifica?
  • Una verità storiografica?
  • Un racconto preciso e puntuale della storia del pianeta Terra?
bibbia creazionismo dinosauri

Molte persone pensano che scienza e teologia siano «in contrasto» tra loro.

Come mai questa contrapposizione?

Il motivo è presto detto: nella Bibbia – e in particolare nell’Antico Testamento – sono raccontati eventi che non hanno alcun riscontro scientifico o storiografico… e che, anzi, spesso sono stati confutati dalla ricerca storica o scientifica.

Su molte questioni, sembra quasi che esista una «versione biblica» di come sono andati gli eventi, ed una «versione scientifica»:

  • C’è stata la creazione o il Big Bang?
  • La specie umana si è evoluta (passando per primati, australopitechi, ominidi, sapiens, etc.) o Adamo ed Eva sono stati creati «de botto»?
  • Dio ha creato il mondo in sette giorni, cioè in 168 ore di orologio svizzero?
  • La creazione è avvenuta cinquemila anni fa? Ma la scienza non dice invece che l’universo ha 13,72 miliardi di anni?

2 • Concordismo e discordismo

Tagliando con la motosega, quando si legge e si interpreta la Bibbia esistono due scuole di pensiero:

  • il concordismo
  • il discordismo

In cosa consistono?

2.1 • Il concordismo

[Il concordismo è quella] posizione esegetica che consiste nel cercare un accordo diretto, senza mediazione, tra un passo della Scrittura e una conoscenza scientifica.

(DOMINIQUE LAMBERT, Scienza e teologia. Figure di un dialogo, Città Nuova, Roma 2006, p.75)

Mhh… che significa?

  • Un primo esempio che mi viene in mente riguarda il primo capitolo di Genesi, nel quale leggiamo che Dio crea il mondo in sette giorni; alcuni esegeti, cercando una chiave di lettura per quel brano, hanno cercato di far coincidere i sette giorni della creazione con i grandi periodi geologici della storia della terra (cfr. per esempio ALEXIS ARDUIN, La religion en face de la scienze. Leçons sur l’accord entre les données de la révélation biblique et les théories scientifiques modernes, II. Géologie et géogénie, vol 2, Vitte & PArrussel, Lyon 1883, in cui si legge che «nella successione degli esseri viventi di cui Mosè racconta l’apparizione c’è l’ordine crescente della perfezione organica che la geologia ha constatato nei fossili dei campi successivi» (p.639))
  • Un altro esempio di concordismo – sempre riferito al libro di Genesi – è quello di chi sostiene che le parole di Dio «Sia la luce!» (cfr. Gen 1,1) descrivano l’apparizione della radiazione cosmica di fondo (cfr. DOMINIQUE LAMBERT, Scienza e teologia. Figure di un dialogo, Città Nuova, Roma 2006, p.75)
  • Un ultimo esempio riguarda la storia di Giona; come sicuramente saprete, nel racconto biblico il profeta Giona viene inghiottito da un enorme pesce, e rimane nel suo stomaco per tre giorni. Come è stato possibile? Un libro pubblicato all’inizio del ‘900 forniva questa spiegazione: «Come spiegare l’esistenza di Giona per tre giorni e tre notti nel ventre del pesce? Anche dal punto di vista scientifico, non c’è nulla di impossibile. La situazione di Giona può essere paragonata a quella di un bambino che vive nel seno della madre, senza alcuna funzione respiratoria, grazie alla sola circolazione, che potrebbe essa stessa essere sospesa come in certi stati letargici o di sincope, con persistenza di battito cardiaco» (ERNEST AUGIER, Du tac au tac. Réponses aux objections modernes contre la religion, Lethielleux, Paris 1908, p.103; l’autore era arciprete di Orpierre)
arca di noe

Bene.

Non so se lo sapevate, ma la Chiesa cattolica rifiuta questo tipo di interpretazione della Bibbia, «poiché nega il carattere storico della rivelazione biblica e trascura allo stesso tempo la verità delle scienze della natura e delle scienze filologiche ed ermeneutiche» (cfr. DOMINIQUE LAMBERT, Ibidem, p.75).

Infatti, come riporta un documento della Pontificia Commissione Biblica:

Il problema di base di questa lettura fondamentalista è che […] rifiuta di ammettere che la Parola di Dio ispirata è stata espressa in linguaggio umano ed è stata redatta, sotto l’ispirazione divina, da autori umani le cui capacità e risorse erano limitate.

(PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA, L’interpretazione della Bibbia della Chiesa, con prefazione del cardinal Joseph Ratzinger, preceduta da un’allocuzione di Giovanni Paolo II, 15 aprile 1993)

Detto in altre parole: perché il concordismo è una posizione esegetica problematica?

Perché confonde il piano storico-scientifico e quello teologico.

Molti brani dell’Antico Testamento, se interpretati in modo letterale, descrivono vicende surreali

…e infatti, fin dai primi secoli, sono stati tantissimi i padri della Chiesa che – di fronte a brani biblici inverosimili – hanno offerto altre chiavi di lettura per la corretta interpretazione, e hanno parlato dell’importanza di cogliere il senso allegorico, il senso tropologico (o morale) e il senso anagogico (cioè spirituale).

Senza contare che mai come ai nostri giorni, l’interpretazione letterale di alcuni passaggi veterotestamentarî può rapresentare una vera e propria contro-testimonianza della fede cristiana agli occhi di chi non crede. Infatti:

Le giustificazioni pseudoscientifiche delle verità della fede o gli argomenti pseudoteologici che vengono utilizzati per rifiutare tesi scientifiche ben fondate rischiano di ritorcersi contro la credibililtà stessa della fede.

(DOMINIQUE LAMBERT, Scienza e teologia. Figure di un dialogo, Città Nuova, Roma 2006, p.14)

2.2 • Il discordismo

Passiamo al secondo modo di interpretare la Bibbia:

[Il discordismo] parte dall’ipotesi che la scienza e la teologia parlino di due ordini di realtà completamente distinti (punto di vista ontologico), oppure che siano due discorsi ermeticamente separati (punto di vista epistemologico) o ancora che non abbiano alcun legame per ciò che concerne le scelte fondamentali degli esseri umani (punto di vista etico).

(DOMINIQUE LAMBERT, Scienza e teologia. Figure di un dialogo, Città Nuova, Roma 2006, p.89)

Che significa questa cosa?

Secondo il discordismo ci sono:

  • la «nostra» realtà – descritta dalla scienza
  • un altro ordine di realtà «metafisico», completamente separato dal nostro – descritto dalla teologia.

Che dire?

Agli occhi di noi moderni, il discordismo sembra molto più sensato del concordismo.

Tanto per dire: il libro di Genesi non è un testo scientifico. L’autore del testo non voleva scrivere un trattato di cosmologia. Il brano della creazione in Genesi non ha mai avuto e non avrà mai alcuna valenza dal punto di vista scientifico. Il significato del testo è tutt’altro.

Un esempio di discordismo è quello di Georges Lemaître (1894-1966), il sacerdote nonché fisico e astronomo belga che ha teorizzato il Big Bang (per chi se lo fosse perso, avevamo parlato di lui qui sul blog nel 2019).

Ecco cosa diceva in un’intervista rilasciata al New York Times Magazine nel 1933:

Ci sono due strade per giungere alla verità. Ho deciso di percorrerle entrambe.
Niente nel corso del mio lavoro, niente ho appreso nei miei studi di scienza o di religione che mi abbia indotto a cambiare questa opinione.
Non ho conflitti da risolvere.
La scienza non ha scosso la mia fede e la religione non ha mai messo in discussione le conclusioni a cui sono arrivato con il metodo scientifico.

(GEORGE LEMAÎTRE, in DUNCAN AIKMAN, Lemaître follows two paths to truth. The famous physicist, who is also a priest, tells why he finds no conflict between science and religion, in «New York Times Magazine», 19 febbraio 1933, p.3 e p.18 (il passo citato si trova a p.18))

Come forse saprete, Lemaître è un personaggio che mi ha sempre affascinato.

Scienziato.

Prete.

Amico di Einstein.

albert einstein georges lemaitre

Però ultimamente ho letto un libro molto interessante del filosofo e storico della scienza Dominique Lambert (classe 1960), che a mio avviso ha sollevato una critica molto interessante nei confronti del discordismo di Lemaître:

Per Lemaître […] la scienza ha del reale una conoscenza effettiva, ma tale da non raggiungere la sfera di intelligibilità aperta dalla teologia.
Inversamente, la teologia non ha nulla da dire riguardo alla sfera di conoscenza propria delle scienze.
[…]
Possiamo dunque ritenere che l’epistemologia di Lemaître sia del tutto adatta alle scienze.
Tuttavia, ritengo che la sua concezione della teologia sia troppo restrittiva. Il suo discordismo proviene infatti da un’atrofia della teologia.

(DOMINIQUE LAMBERT, Scienza e teologia. Figure di un dialogo, Città Nuova, Roma 2006, p.98)

Il fideismo privato, unito ad un positivismo o a uno scetticismo metodologico nell’ambito del lavoro, è premessa di instabilità o di frantumazione della vita di pensiero che, alla fine, non può che sfociare in una secolarizzazione totale della vita in senso lato o nell’insorgere di un concordismo inconscio.

(DOMINIQUE LAMBERT, Scienza e teologia. Figure di un dialogo, Città Nuova, Roma 2006, p.102)

Insomma, anche il discordismo ha i suoi problemi. Soprattutto quando la scissione tra «ciò che dice la scienza» e «ciò che dice la fede» viene estremizzata. Infatti:

È difficile sostenere [la posizione discordista] senza cadere sia nell’agnosticismo o nell’ateismo, sia in un teismo astratto che conserva Dio come causa lontana e non più operante del Mondo, ma che in fondo non ha più alcun interesse per il mondo che conosciamo.

(DOMINIQUE LAMBERT, Scienza e teologia. Figure di un dialogo, Città Nuova, Roma 2006, p.90)

Il Dio «motore immobile» non è il Dio di Israele.

Il Dio «orologiaio», che mette in moto l’Universo e poi lo lascia andare per conto suo, non è il Dio di Gesù.

Una cosa è dire che scienza e teologia abbiano due àmbiti di studio distinti…

…un altro paio di maniche è dire che la Bibbia non abbia nulla da dire sulla «realtà».

3 • L’articolazione

Vi ha convinto di più il concordismo o il discordismo?

O forse cercate una posizione che possa essere una «via di mezzo»?

Maaa… esiste una posizione intermedia?

C’è un modo per far dialogare scienza e teologia?

Esiste un altro modo di avvicinarsi alla Bibbia?

Ebbene sì: è la cosiddetta «articolazione» (e, per inciso, questa è l’attuale posizione della Chiesa Cattolica).

Secondo l’articolazione, le conoscenze scientifiche e quelle teologiche – seppur distinte – possono entrare in dialogo tra loro.

E non solo possono dialogare, ma si possono integrare per ottenere un punto di vista coerente, tramite il quale scienza e teologia «siano realmente feconde l’una verso l’altra» (cfr. DOMINIQUE LAMBERT, Scienza e teologia. Figure di un dialogo, Città Nuova, Roma 2006, p.105).

In che modo?

Ora non vi voglio attaccare una pippa.

Ma, riducendo all’osso la questione (e facendo un frullato di tutto ciò che è stato partorito dal magistero della Chiesa tra il Concilio Vaticano I e l’enciclica Fides et Ratio di Giovanni Paolo II), potremmo dire che l’articolazione si basa su tre regole metodologiche:

  • regola #1: fede e ragione sono in armonia. Se non esiste armonia tra fede e ragione, significa che o un passaggio biblico è stato mal compreso, oppure che la ragione si sbaglia.
  • regola #2: il dialogo tra scienza e teologia (e più in generale, tra fede e ragione) è necessario ad entrambe.
  • regola #3: il terreno di incontro tra la scienza e la teologia è la filosofia.

Per quanto riguarda la regola #1, vi riporto un paio di passaggi, tratti da un documento del Concilio Vaticano I (che si è tenuto tra il 1869 e il 1870):

Anche se la fede è superiore alla ragione, non ci può mai essere reale disaccordo tra la fede e la ragione, dal momento che lo stesso Dio, che rivela i misteri e ci comunica la fede, ha anche messo nello spirito dell’uomo la ragione ed è impossibile che Dio rinneghi sé stesso o che una verità sia contraria ad un’altra verità.

(CONCILIO VATICANO I, Costituzione Dei Filius, cap.4)

Non solo la fede e la ragione non possono mai essere in disaccordo, ma si possono prestare un reciproco aiuto, poiché la retta ragione dimostra i fondamenti della fede e, illuminata dalla sua luce, coltiva la scienza delle cose divine; la fede, invece, libera e preserva la ragione dagli errori e l’arricchisce di molteplici conoscenze.

(CONCILIO VATICANO I, Costituzione Dei Filius, cap.4)

A questo punto, qualcuno di voi ribatterà che in passato è stata la Chiesa stessa a «dare il cattivo esempio»

galileo galilei cannocchiale inquisizione

Purtroppo, anche la Chiesa ha dovuto imparare dai proprî errori…

È stato (ed è tuttora) un processo molto lento…

(Comunque, per chi fosse interessato, qui sul blog c’è una sezione dedicata all’inquisizione… e in quella dedicata al rapporto tra scienza e fede ho parlato ampiamente del caso Galileo Galilei)…

Comunque.

Tornando all’articolazione.

Che significa che il terreno di incontro tra scienza e teologia è la filosofia?

Facciamo un esempio.

Come tutti saprete, uno dei fondamenti del metodo scientifico è il cosiddetto principio di causa-effetto.

In base al principio di causa-effetto, noi riusciamo a capire che «C» è causato da «B», e che «B» è causato da «A».

Il metodo scientifico si basa su nient’altro che questo:

  • l’osservazione della realtà
  • la raccolta di dati
  • la formulazione di modelli matematici che si basano sul principio di causa-effetto

Questa «regola generale» è alla base di tutta l’industria contemporanea:

  • la costruzione di edifici sempre più stabili
  • la creazione di reti idriche sempre più efficienti
  • la progettazione di motori a combustione sempre più performanti
  • macchine sportive sempre più aereodinamiche
  • cellulari
  • satelliti
  • computer
  • etc.

Insomma, più la scienza progredisce, più abbiamo chiare «le cause» che producono «gli effetti».

Domanda: esiste un ambito di indagine all’infuori del metodo scientifico?

Beh.

Sì, ne siste più di uno.

Il primo esempio che mi viene in mente è la ricerca di senso.

Cosa intendo?

Beh.

Intendo che, di fronte alla realtà, l’uomo non si chiede solo «cosa» ha causato un evento:

  1. Quali sono i fattori che hanno causato la comparsa della vita sulla terra?
  2. Come nasce un nuovo esemplare della specie homo sapiens?
  3. Cosa ha causato il maremoto che si è abbattuto sulle coste di India, Indonesia, Malaysia e Myanmar il 26 dicembre 2004?

La risposta «scientifica» a queste domande potrebbe essere:

  1. Un’ipotesi molto accreditata è quella del brodo primordiale, un ambiente ancestrale consistente in una miscela acquosa di sali inorganici, idrocarburi, amminoacidi ed altri composti chimici a base di carbonio, idrogeno, ossigeno e azoto. All’interno di questo brodo, a seguito di una catena molto complessa di processi termodinamici, si è prodotta la vita
  2. Tramite la fecondazione di un gamete femminile (ovulo) da parte di un gamete maschile (spermatozoo)
  3. Un terremoto di magnitudo 9.0 della scala Richter con epicentro all’altezza della costa nord occidentale dell’isola di Sumatra

All’uomo però queste risposte non bastano.

La ricerca di un senso va ben al di là delle cause che hanno scatenato un effetto.

Per tornare agli esempî fatti poco fa, l’uomo pone domande a cui la scienza non sa rispondere:

  1. Perché è comparsa la vita sulla terra?
  2. Come mai mia madre e mio padre mi hanno concepito?
  3. Perché Dio, «la Natura» o «il Destino» ha permesso che si scatenasse un maremoto?

Queste domande non hanno a che fare con «le cause», ma con la categoria della finalità.

Non sono domande «sul passato», ma «sul futuro»:

  • Qual è il senso di ciò che è accaduto?
  • In che modo la realtà mi interroga e mi chiama a prendere posizione?
  • Qual è la direzione in cui conducono “le molliche” della storia dell’universo e dell’uomo?

La scienza non può rispondere a queste domande.

Come dicevamo, infatti, la scienza si interroga sulle cause, non sui fini.

Eppure, queste domande sono altrettanto importanti (se non «più» importanti).

Ed è l’universo stesso a suggerirci che al suo interno esista un senso.

sale friends phoebe

Comunque… dicevo…

Secondo me tutti noi – almeno una volta nella vita – facciamo esperienza del fatto che la vita sia sensata.

Che la storia umana sia sensata.

E che l’universo non sia semplicemente un ammasso gigantesco di materia che fluttua nello spazio.

Infatti:

L’universo non è un caos, sembra possedere delle regolarità.
All’interno dell’universo l’uomo non può prescindere dall’esperienza della finalità: egli cerca il senso, si dà degli scopi.

(DOMINIQUE LAMBERT, Scienza e teologia. Figure di un dialogo, Città Nuova, Roma 2006, p.108-109)

Da un punto di vista tomista, la finalità di fatto non è una causa, ma una causa di cause, una causa causarum.
In altre parole, un fattore che esplica uno spiegamento della causalità.
A tale titolo, la causa finale non è mai posta sullo stesso piano delle altre cause relative al mondo e non può essere compresa completamente a questo livello.
La finalità non distrugge l’ordine delle cause che il fisico o il biologo possono mettere in evidenza, ma spiega lo spiegamento stesso di queste cause.

(DOMINIQUE LAMBERT, Scienza e teologia. Figure di un dialogo, Città Nuova, Roma 2006, p.109)

In tale prospettiva, non vi è alcuna confusione tra Dio e l’universo, perché la modalità di azione di Dio è quella di una causalità di un altro livello rispetto alle cause fisiche.

(DOMINIQUE LAMBERT, Scienza e teologia. Figure di un dialogo, Città Nuova, Roma 2006, p.110)

Qualcuno a questo punto potrà dire: «Sale… ma questa articolazione non ti sembra una cosa un po’ complessa?».

Mhh.

Più che complessa, direi delicata.

Ma questo penso che valga per ogni posizione equilibrata: in ogni àmbito della vita nel quale si voglia mantenere il buon senso, il rischio è sempre quello di sbilanciarsi da un lato o dall’altro (pensate alla politica, all’economia, alla cura dell’ambiente, o a qualsiasi altro “tema caldo” vi venga in mente).

Allo stesso modo, anche nel confronto tra teologia e scienza, c’è sempre il rischio di scivolare…

  • …nel concordismo: e si finisce per leggere in modo acritico e decontestualizzato l’Antico Testamento, travisando la fede cristiana, ed atrofizzando la ragione.
  • …nel discordismo: e si finisce per pensare che la Scrittura non abbia più nulla da dire all'”uomo moderno”, e si scivola nell’agnosticismo e nell’ateismo.

Conclusione

Secondo me, nel terzo millennio, un cristiano che faccia confusione tra la dimensione scientifica e quella teologica offre una brutta testimonianza di fede agli occhi del mondo – soprattutto su questioni spinose come l’origine dell’universo, il dibattito tra creazionismo ed evoluzionismo, o discorsi simili.

Come scrivevo più sopra, fede e ragione sono entrambi doni di Dio (cfr. CONCILIO VATICANO I, Costituzione Dei Filius, cap.4)

Ed è un errore molto grossolano pensare che la ricerca scientifica sia in qualche modo in contrasto con la fede cristiana (come diceva il chimico e biologo francese Louis Pasteur, 1822-1895: «Poca scienza allontana da Dio, ma molta scienza riconduce a Lui»).

Insomma, i cristiani non devono «avere paura» del confronto con la ricerca scientifica.

Infatti:

Non accettare il dissidio, non voler, per una sorta di quietismo o per eccesso di prudenza, confrontare la nostra visione teologica con quella delle scienze contemporanee, sarebbe paura della verità, mancanza di fiducia nella ragione […].

(DOMINIQUE LAMBERT, Scienza e teologia. Figure di un dialogo, Città Nuova, Roma 2006, p.13)

sale

(Autunno 2023)

Fonti/approfondimenti

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