Perché la Messa per i bambini non serve a un cazzo

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1 • La messa per i bambini

La seconda domenica di Avvento del 2023 non ero a Roma (*).

(*) (per discrezione, ometterò il nome del luogo in cui mi trovavo)

Non conoscevo nessuna chiesa nei dintorni… e sono andato a messa in quella che ho scoperto essere la parrocchia dei salesiani del posto.

Erano le dieci di mattina.

E c’era la messa dei bambini.

Appena sono entrato, ho notato che i banchi erano pieni di “segnaposto” con scritto «Riservato bambini elementari», «Riservato bambini delle medie», «Riservato genitori dei ragazzi».

La chiesa era deserta, ma i foglietti occupavano quasi tutti i banchi: «riservato», «riservato», «riservato».

Dato che rimanevano libere solamente le ultime tre file di panche, mi sono seduto alla terzultima.

Alle dieci meno due, dato che la chiesa era ancora mezza vuota (salvo le ultime file di banchi, dove eravamo seduti uno in braccio all’altro), i catechisti hanno avuto la decenza di togliere i foglietti con scritto «riservato», e qualche altra signora anziana ha potuto trovare posto.

Arrivate le dieci, finalmente è iniziata la messa.

Come previsto dalla liturgia, è stata accesa la seconda candelina di Avvento.

Poi un gruppetto di bambini – capitanato dalla catechista – ha portato sotto l’altare un cannocchiale (?).

Dopo il segno della croce e il saluto iniziale, la liturgia della parola si è svolta come da messale…

…finché – arrivato il momento dell’omelia – il prete ha recuperato il cannocchiale di cui sopra, ha preso un microfono “a gelato”, e si è messo davanti all’altare, al centro della navata.

Il sacerdote ha speso più di metà dell’omelia a parlare del cannocchiale.

Ha spiegato:

  • che serve per vedere «più lontano»
  • cioè che serve a vedere «i lontani»
  • poi ha spiegato qual è la differenza tra «vicino» e «lontano»
  • poi ha dato il cannocchiale ad un bambino in prima fila, e gli ha chiesto se riusciva a vedere «più vicina» la statua della Madonna dietro all’altare
  • dopodiché ha spiegato la differenza tra un cannocchiale e una lente d’ingrandimento (perché, sì, ho scoperto che «l’oggetto» dell’omelia della domenica precedente era una lente d’ingrandimento)

Nel mentre che ascoltavo questa diarrea verbale, osservavo i volti annoiati dei (pochi) bambini a messa…

Osservavo i volti scoglionati dei (pochi) genitori (*) …

(*) (Non so se lo sapete – ma di solito alla «messa dei bambini» i genitori vengono solo per parcheggiare i bambini in chiesa, perché poi se ne vanno a fare cose «più importanti»… e fanno anche bene: anch’io riuscirei a trovare decine di cose più importanti, rispetto a sentire un prete che dice banalità su un cannocchiale e una lente d’ingrandimento)

La scena mi ha iniziato a cringiare tantissimo…

Poi ha iniziato a salirmi un attacco di ateismo cronico…

Poi mi ha preso un momento di rabbia…

don bosco bestemmie

2 • Un mondo annoiato dal cristianesimo

Nella puntata zero di «Osteria der Vaticano» parlavo del mio professore di lettere del secondo anno di liceo – un uomo giovane, brillante, anticonformista, ateo e anticlericale, che spendeva metà delle sue lezioni per cercare di convincerci della falsità ontologica del cristianesimo.

Se c’è una cosa che non perdonerò mai al professore, è il fatto di avermi fatto perdere una certa «innocenza spirituale»

…ma se c’è una cosa per la quale non finirò mai di ringraziare il professore, è che confrontarmi così presto con i cosiddetti «maestri del sospetto» (Marx, Nietzsche, Freud) mi ha fatto realizzare una cosa: il fatto che Dio – se esiste – deve avere profondamente a che fare con la realtà.

Dio – se esiste – deve avere profondamente a che fare con la mia vita, il mio lavoro, le mie amicizie.

Dio – se esiste – deve avere profondamente a che fare con la mia felicità.

Quindi tutte le volte che vedo sacerdoti (a messa, nelle catechesi o su internet) che fanno:

  • catechesi infantili
  • omelie in stile talk-show, durante le quali vanno in giro con il microfono a fare domande ai bambini
  • teatrini
  • balletti idioti
  • prediche qualunquiste
  • video sui social in cui i sacerdoti parlano dei massimi sistemi («la bontà», «la fratellanza», «la petalosità»)

provo tanta tristezza per la Chiesa.

E provo ancor più tristezza per questi preti, che non si rendono conto del fatto che viviamo nel terzo millennio.

Viviamo, cioè, in un epoca in cui la gente ha cose più importanti da fare di venire a messa.

Viviamo in un epoca in cui i genitori parcheggiano i figli alla «messa dei bambini» perché – almeno loro – possono risparmiarsi lo strazio.

Viviamo in un epoca in cui la domenica mattina ci sono settecentosettantasette cose più entusiasmanti da fare, piuttosto che sentire un salesiano che sproloquia su un binocolo per venti minuti.

Come scriveva il filosofo francese Fabrice Hadjadj (classe ’71):

Siamo nati molto tardi, in un mondo vecchissimo.
La freschezza della predicazione apostolica è lontana, è alle nostre spalle.
Ha avuto tutto il tempo di farsi e di disfarsi.
E così possiamo perfino giungere a deplorare: ah se solo fossimo stati inviati ai selvaggi!
E invece siamo inviati agli europei, a dei battezzati che hanno dimenticato il loro battesimo, e la dimenticanza dell’acqua battesimale è tanto più difficile da superare che non la presenza dell’acqua bollente in cui il selvaggio, nel suo candore, vorrebbe semplicemente farci cuocere.
Un cannibale è ingenuo: prima mangia qualche missionario, poi, avendo provato che in fin dei conti non sono così buoni da mangiare come lo sono da sentire, si mette ad ascoltare la predicazione.
Ma con uno scristianizzato è molto più dura: crede di sapere già chi è Cristo e quindi non ti ascolta più.
È la peggiore ignoranza!
Non quella del primitivo che sa di ignorare e giunge già alla sapienza più feconda, che è quella dell’ascolto.
Ma quella del mezzo-sapiente, che crede di sapere mentre non sa, e quindi ignora di ignorare.

(FABRICE HADJADJ, Come parlare di Dio oggi? : anti-manuale di evangelizzazione, Messaggero, Padova 2013, p.24)

Esiste però qualcuno che è ancora più sordo dello scristianizzato.
Ed è il cristiano stesso.

(FABRICE HADJADJ, Come parlare di Dio oggi? : anti-manuale di evangelizzazione, Messaggero, Padova 2013, p.25)

Non so voi, ma io vivo in un contesto culturale in cui sempre meno persone credono in Dio.

E alcune di esse fanno pure bene a non crederci…

Voglio dire… anch’io non credo al Dio del prete che fa omelie sul binocolo.

Il Dio in cui credo io è quello che mi riempie i polmoni d’ossigeno…

prete noioso omelia binocolo

In quell’omelia ho sentito tante parole con la lettera maiuscola.

Il prete parlava ai bambini della «Bontà» – perché dobbiamo «comportarci bene».

Della «Giustizia» – perché dobbiamo «guardare ai lontani» (con il cannocchiale di cui sopra).

Della «Fratellanza» – perché dobbiamo sforzarci di «essere tutti fratelli».

…purtroppo però, come scrive Fabrice Hadjadj:

Ti piacerebbe, da filosofo, accontentarti di generalità e di “nomi comuni” con la maiuscola: la Bontà, la Giustizia, la Verità, il Divino, ecc.
Ma devi affermare ancora un nome proprio: Gesù Cristo.

(FABRICE HADJADJ, Come parlare di Dio oggi? : anti-manuale di evangelizzazione, Messaggero, Padova 2013, p.109)

3 • Perché la messa per i bambini non serve a nulla

Spero di non aver scandalizzato nessuno di voi con il titolo di questa pagina del blog… ma la messa «per i bambini» non serve a nulla.

Veramente a nulla.

Nelle messe «per i bambini» di solito:

  • i bambini sono seduti tutti insieme ai primi banchi… in questo modo, si distraggono, chiacchierano tra loro, schiamazzano, si danno colpi di gomito, ammiccano l’un l’altro quando durante la liturgia avviene qualcosa di buffo;
  • il celebrante durante l’omelia va in giro con il microfono “a gelato” e si mette a fare domande ai ragazzi ai primi banchi, per cercare di farli rimanere attenti… col solo risultato di sembrare un Mike Bongiorno dei poveri che fa domande sciocche ai ragazzi – domande alle quali i bambini non sanno comunque rispondere, dato che durante la liturgia della parola hanno chiacchierato tra loro;
  • i genitori dei bambini di solito non assistono alla messa, ma si limitano a scaricare i bambini in Chiesa e a scappare via (e hanno tutta la mia solidarietà)… i pochi che partecipano alla messa, invece, di domenica in domenica ascoltano omelie sempre più povere e bambinesche, e anziché uscire rinvigoriti dall’ascolto di una parola «diversa» da quella del mondo, sono sempre più prossimi a perdere al fede;
  • i bambini – sollecitati dalle catechiste – imparano canti stupidi, come l’alleluja delle lampadine (Dio perdoni chi lo ha inventato)… con il solo risultato che quando molti di questi bambini perderanno la fede intorno ai 14-15 anni, conserveranno della messa un ricordo sciocco e puerile;
  • la liturgia è banalizzata e impoverita… e ogni volta che vedo sacerdoti sciatti fare cose stupide (vedi il discorso di sopra del cannocchiale), penso sempre: «Ma non sarebbe meglio se questi bambini – quando perderanno la fede a 14-15 anni – avessero comunque la pulce nell’orecchio di “non aver capito” qualcosa (perché in Chiesa si celebra qualcosa che ha a che fare col “Mistero”), anziché pensare che la liturgia sia una stronzata?».

Termino qui l’elenco delle cose che non vanno, altrimenti rimarremmo qui per le prossime sei ore…

catechiste cinquantenni

Un paio di anni prima della fine del suo pontificato, Benedetto XVI (1927-2022) diceva queste parole:

Ma la sfida di una mentalità chiusa al trascendente obbliga anche gli stessi cristiani a tornare in modo più deciso alla centralità di Dio.
A volte ci si è adoperati perché la presenza dei cristiani nel sociale, nella politica o nell’economia risultasse più incisiva, e forse non ci si è altrettanto preoccupati della solidità della loro fede, quasi fosse un dato acquisito una volta per tutte.
In realtà i cristiani non abitano un pianeta lontano, immune dalle «malattie» del mondo, ma condividono i turbamenti, il disorientamento e le difficoltà del loro tempo.
Perciò non meno urgente è riproporre la questione di Dio anche nello stesso tessuto ecclesiale.
Quante volte, nonostante il definirsi cristiani, Dio di fatto non è il punto di riferimento centrale nel modo di pensare e di agire, nelle scelte fondamentali della vita.
La prima risposta alla grande sfida del nostro tempo sta allora nella profonda conversione del nostro cuore, perché il Battesimo che ci ha resi luce del mondo e sale della terra possa veramente trasformarci.

(BENEDETTO XVI, discorso alla plenaria del pontificio consiglio per i laici, 25 novembre 2011)

Benedetto parlava della presenza “incolore” dei cristiani nel tessuto sociale, nella politica, nell’economia…

…secondo me però le sue parole si possono estendere anche alla presenza dei cristiani «nelle chiese».

Che immagine si trasmette ai bambini se la liturgia è sciatta, i canti sono infantili, e le omelie sono bambinesche?

Purtroppo, spesso, tanti sacerdoti (e catechisti) confondono la parola «semplice» e la parola «stupido».

Una liturgia può essere «semplice», senza essere «stupida».

Mentre invece oggi – in migliaia di parrocchie – ci sono «messe per bambini» che sono semplicemente stupide.

«Messe per bambini» il cui unico effetto è quello di testimoniare la falsità del cristianesimo.

Ogni volta che assisto a queste celebrazioni liturgiche, mi vengono in mente le parole del filosofo danese Søren Kierkegaard (1813-1855):

Il cristianesimo è stato annientato dalla sua stessa diffusione, da milioni di cristiani di nome il cui numero nasconde l’assenza di cristiani veri e l’irrealtà del cristianesimo […].

(SØREN KIERKEGAARD, L’instant, in Œuvres complètes, vol. 19, trad. Tisseau, Éditions de l’Orante, Paris 1982, p.145)

4 • Inculturazione…

Non so se avete mai sentito la parola «inculturazione».

Negli ultimi anni, è diventata molto famosa negli ambienti “decchiesa”.

teologi sinodalita inculturazione

Comunque…

Fuor di battuta…

Se è vero che ognuno di noi può fare esperienza dell’incontro con Dio nella concretezza della propria vita…

…è altrettanto vero che Dio si serve di tutto ciò che di Vero, Bello e Buono si trova nella cultura: in quella italiana, inglese, francese, thailandese, camerunense… ma anche nella cultura pop, nella cultura nerd e via dicendo (cfr. anche MARCELLO SEMERARO, Mistero, comunione e missione : Manuale di ecclesiologia, EDB, Bologna, 1996, p.146).

Cosa significa dunque la parola «inculturazione»?

«Inculturazione» significa che il messaggio cristiano deve “incarnarsi” nel contesto socio-culturale in cui vuole diffondersi… altrimenti rimarrà astratto.

«Inculturazione» significa:

Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è buono.

(1 Tessalonicesi 5,21)

Ovvero:

  • così come Dio si serve di ogni aspetto della mia vita per sussurrarmi il Suo nome (che siano eventi lieti, eventi tristi, momenti di gioia, pali in faccia o so-un-cavolo-io)…
  • …in modo analogo, io posso rendere testimonianza di Lui utilizzando tutto ciò che di Vero, Bello e Buono trovo nella cultura in cui vivo, nei libri, nei film, nei fumetti, nei videogiochi, nelle serie tv, in Leopardi, in Manzoni, in Naruto, in Watchmen, in Bloodborne, in Lovecraft, in Tolkien, in Neil Gaiman, in Dungeons & Dragons, etc.

Ora…

…devo subito fare un disclaimer grande come una casa rispetto all’ultima frase che ho scritto.

L’«inculturazione» infatti è un’operazione delicata… e anche abbastanza “rischiosa”.

In che senso?

Per fare inculturazione, bisogna “sporcarsi le mani” con la cultura «del mondo»: bisogna conoscerla, viverci dentro, abitarla… ma bisogna farlo da figli di Dio, cioè:

  • avendo un rapporto viscerale con Lui;
  • avendo «il suo profumo» nei contesti che frequentiamo;
  • avendo il Suo sguardo sulla vita, sulle cose, sulla cultura… uno sguardo che «penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore» (Ebrei 4,12)… uno sguardo capace di discernere il bene e il male;
  • chiedendo a Lui la vita: nei sacramenti, nella preghiera, durante l’adorazione eucaristica, nei tanti momenti della mia vita in cui posso ritagliarmi un momento di silenzio per stare sotto il Suo sguardo (alla fermata dell’autobus, quando sono imbottigliato nel traffico, etc.);
  • mettendo a frutto il sacramento del battesimo;
  • etc.

Uno dei problemi più grandi della chiesa del terzo millennio, è che spesso i cristiani si accostano alla cultura «del mondo», ma non hanno abbastanza “olio nelle loro lampade” (cfr. Mt 25,1-13).

E qual è il risultato?

Il risultato è che rimangono attratti dagli sbrilluccichii del consumismo, dalla vita piccolo-borghese, dalle ideologie di cui si nutrono guardando serie tv (tra il materialismo determinista di Dark, le distopie di Black Mirror, la sessualità raccontata in Sex Education, il femminismo radicale di Handmaid’s Tale e via dicendo)…

…e poi finiscono per “spacciare” questi contenuti, proponendoli nei contesti “decchiesa” che frequentano.

Un esempio sciocco che mi viene in mente è il seguente: qualche mese fa, mi ha iniziato a seguire su Instagram la pagina di un oratorio (anche in questo caso, ometterò il nome della parrocchia).

Cliccando il loro profilo, ho notato che la bacheca era piena di citazioni di cantanti pop… e in particolare mi è caduto l’occhio su una citazione di Luciano Ligabue.

Ora.

Sarà che a me la musica italiana fa un po’ schifo («in metal we trust» 🤟)…

Sarà che ho scoperto che Liga nel 1991 ha scritto la canzone «Libera nos a malo» che – per usare un eufemismo – non mi sembra proprio il massimo della cristianità (per chi non la conoscesse può leggere qui il testo)…

…ma via via che scrollavo sulla bacheca di Instagram di questo oratorio e leggevo i nomi degli artisti citati, pensavo:

«Ma con tutti gli artisti che si potevano scegliere, perché proprio questi?»

Cioè… ora non dico che la pagina dell’oratorio debba essere un collage di citazioni di san Francesco d’Assisi e santa Teresa d’Avila…

…e non c’è neanche bisogno di scomodare artisti moderni dichiaratamente cristiani (per chi mastica l’inglese, in America è pieno di “christian music”… anche se confesso candidamente che non è proprio il mio genere!)

…ma non conoscete almeno un cantante agnostico che dica qualcosa “in controtendenza” rispetto a quel che propone il mondo?

Non so… penso ad Anastasio (ascoltatevi «Correre»)…

Penso a Niccolò Fabi (ascoltatevi «Vince chi molla»)…

…già ci sono la tv, i social, le radio a spacciarmi “le perle” degli artisti mondani…

…serviva davvero anche la pagina dell’oratorio?

5 • …ed «esculturazione»

Ricapitolando… «inculturazione» significa:

  • incarnare il Vangelo nel contesto socio-culturale in cui vivo
  • rendere testimonianza di Dio utilizzando tutto ciò che di Vero, Bello e Buono trovo nella cultura
  • vagliare ogni cosa e tenere ciò che è buono (cfr. 1Ts 5,21)

Bene.

Se è chiaro quanto detto nel precedente paragrafo… ora vi faccio fare una risata tragi-comica.

Per descrivere l’attuale condizione del cristianesimo, La sociologa francese Danièle Hervieu-Léger (classe ’47) ha inventato la parola «esculturazione».

«Esculturazione»… cioè il contrario di «inculturazione».

Non so se ci avete mai fatto caso, ma storicamente la Chiesa ha sempre cercato di integrarsi in tutte le culture in cui si è diffusa… è successo:

  • quando gli apologeti cristiani dei primi secoli e i Padri della Chiesa si servivano della filosofia greca;
  • quando i cristiani – decorando le catacombe – prendevano spunto dall’arte romana;
  • quando il cristianesimo si è diffuso tra i Longobardi;
  • quando il Vangelo è arrivato in Irlanda, Galles e Cornovaglia ed è nata l’arte cristiana celtica;
  • quando i gesuiti, i domenicani e i francescani hanno evangelizzato il sud America (a tal proposito, non so se conoscete il canto «Hanaq Pachap Cussicuinin»; è canto religioso alla Madonna in lingua quechua, il primo lavoro vocale polifonico stampato nel Nuovo Mondo, opera del sacerdote Juan Pérez de Bocanegra (1560-1645), musicista e specialista nelle lingue indigene del Perù coloniale);
  • etc.

Perché la sociologa francese parla di «esculturazione»?

Perché, nel terzo millennio (ma mettiamoci pure la seconda metà del ‘900) la Chiesa è diventata via via, sempre più, in modo inesorabile, estranea a tutti i “grandi circuiti” della cultura.

Che si parli di cinema, serie tv, romanzi, saggi, spettacoli teatrali, pagine social, quello-che-vi-pare… il cristianesimo non è più presente in nessuno di questi àmbiti – se non come nicchia minoritaria e pressoché irrilevante.

Oh, intendiamoci…

…sicuramente uno scoglio è quello della strumentazione tecnica: per fare un film o una serie tv servono un regista, uno sceneggiatore, una serie di altri profili specializzati, strumenti varî tra telecamere, fari, sceneggiature e chissà cos’altro…

catechismo obsoleto

In realtà, il problema del «divario tecnico» è facilmente superabile (banalmente, sarebbe sufficiente che er Vaticano cacciasse i soldi, e finisse di sprecarli in cose inutili come lo stipendio del disegnatore di questo programma di Tv2000… oppure il designer del logo del Giubileo del 2025, che sembra la versione stilizzata del ritratto dei Teletubbies… cioè, non vorrei essere cattivo, ma se a livello tecnico/artistico questo è il meglio che il mondo cattolico può offrire, io faccio il tifo per l’ateismo!).

Cos’è allora che non va?

I cristiani hanno perso la capacità di «fare cultura» quando hanno iniziato ad essere superficiali…

Quando la fede ha iniziato ad essere una «questione privata»

Quando Dio ha iniziato ad essere «un soprammobile»

Quando Dio ha smesso di essere «l’Amico più intimo»

Quando qualcuno ha pensato che la «messa per i bambini» fosse una buona idea…

A tal proposito, mi vengono in mente le parole del filosofo e teologo russo Sergej Bulgàkov (1871-1944):

Infatti, il nostro ultimo scopo è il compito dell’ecclesializzazione universale.
Ma non si tratta affatto di un’opera missionaria esterna, né dell’imposizione della propria confessione di fede agli altri; giacché non c’è nessun altro desiderio nella diffusione dell’ortodossia, che un invito spiritualmente gioioso a vivere con noi, a pregare con noi e a respirare con noi un’unica aria.
L’ortodossia attira a sé per la sua bellezza interiore, che risplende in tutti coloro che si sforzano di esserne partecipi.

(SERGEJ BULGAKOV, dagli appunti presi da Lev Zander dalla conferenza di Bulgakov «Asketizm v uslovijach studenčeskoj žizni» [L’ascetismo nelle condizioni di vita degli studenti] tenuta nel giugno 1924, in SERGEJ BULGAKOV, Lo spirituale della cultura, Lipa, Roma 2006, p.58)

Penso che la bellezza sia il cuore della questione.

Quando un cristiano ha una relazione autentica con Dio, la sua vita è bella.

Porta frutto.

Quando si confronta con la cultura «di questo mondo», riesce a «unire i puntini» tra tutte le cose che parlano di Dio.

Se un cristiano è veramente cristiano, chiama il «male» per nome… ma vede anche tutto il bene (o almeno, la possibilità di bene) che si trova nel mondo.

Non rimane chiuso in sagrestia, spaventato dal fatto che «lo schifo» che si trova «all’esterno» raggiunga l’interno.

Tutto il contrario.

Come diceva papa Francesco:

Ulisse, per non cedere al canto delle sirene, che ammaliavano i marinai e li facevano sfracellare contro gli scogli, si legò all’albero della nave e turò gli orecchi dei compagni di viaggio.
Invece Orfeo, per contrastare il canto delle sirene, fece qualcos’altro: intonò una melodia più bella, che incantò le sirene.
Ecco il vostro grande compito: rispondere ai ritornelli paralizzanti del consumismo culturale con scelte dinamiche e forti, con la ricerca, la conoscenza e la condivisione.

(PAPA FRANCESCO, esort. apostolica Christus vivit, n.223)

Conclusione

Come dicevo più sopra, preferisco che i bambini non capiscano cosa accade a messa, piuttosto che «capiscano» che la messa è una cosa stupida.

Così forse – quando perderanno la fede intorno ai 13-14 anni – potrà rimanere loro «il dubbio» che la liturgia fosse qualcosa di «misterioso» (magari da riscoprire un giorno?)…

…mentre invece, se continuiamo a fare le messe «per i bambini», i ragazzi avranno solo «la certezza» che la messa è una messinscena tremendamente idiota.

E tremendamente brutta.

sale

(Inverno 2023-2024)

Fonti/approfondimenti
  • FABRICE HADJADJ, Come parlare di Dio oggi?, Anti-manuale di evangelizzazione, Messaggero, Padova 2013
  • BENEDETTO XVI, discorso alla plenaria del pontificio consiglio per i laici, 25 novembre 2011
  • SERGEJ BULGÀKOV, Lo spirituale della cultura, Lipa, Roma 2006

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