Dio nell’Antico Testamento è cattivo?

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1 • Il dio cattivo ed il dio buono

Nella cultura pop, il Dio dell’Antico Testamento è severo, vendicativo, intransigente.

Fa piovere cavallette.

Uccide i primogeniti.

Fa piovere primogeniti.

Uccide le cavallette.

Fa piovere.

uccisione dei primogeniti

Nel Nuovo Testamento però Dio cambia all’improvviso.

Gesù parla di un Dio dolce.

Mansueto.

Accondiscendente.

Petaloso.

Ma le cose stanno davvero così?

Se prendiamo i libri dell’Antico Testamento e quelli del Nuovo, c’è davvero questa discontinuità?

2 • Interpretare, comprendere e fraintendere

Treccani alla mano, la definizione della parola «interpretare» è la seguente:

Interpretare: v. tr. [dal lat. interpretari (lat. pop. interpetrari), der. di interpres -ĕtis «interprete»] Intendere e spiegare nel suo vero significato il pensiero d’uno scritto o d’un discorso il cui senso sia oscuro o dia luogo a dubbî.

(TRECCANI, vocabolario online, voce «interpretare»)

In realtà, non capisco perché la Treccani faccia riferimento solo ad “uno scritto” o a “un discorso”.

Si può interpretare – in modo giusto o sbagliato – anche un contesto, una situazione, un gioco, una battuta…

Facciamo un esempio.

In un suo video geniale di un paio di anni fa, Roberto Mercadini diceva che «il nascondino è un gioco diseducativo perché è palesemente una caccia all’uomo».

Ovviamente, la sua era una battuta: se qualcuno dicesse per davvero che il nascondino è diseducativo, ci faremmo tutti una grande risata.

Perché?

Perché quella persona starebbe interpretando in modo sbagliato il gioco del nascondino.

hitler nascondino

Facciamo un altro esempio riguardo al comprendere/fraintendere.

Qualche mese fa ho letto un post su Facebook di una persona che scriveva:

«Oggi, giorno dedicato al culto dei morti, la frase tipica è: “L’eterno riposo dona loro o Signore”. Ma è un augurio, una preghiera o una minaccia? Per quanto mi riguarda stare per sempre a riposo, senza fare nulla, sarebbe una maledizione, non un premio; tra l’altro non si può nemmeno morire di noia perché si è già morti. Mah!!»

Che dire?

Mi sembra la tipica obiezione di chi – quando qualcuno indica la luna – si mette a guardare il dito.

Quando la Chiesa parla di un «eterno riposo», non si riferisce certo ad un enorme dormitorio, con tanti posti letto.

A costo di fare Capitan Ovvio, la parola «riposo»:

  • si riferisce al fatto che in cielo, a tu per Tu con Dio, sotto il suo sguardo, nel suo abbraccio, possiamo riposare in questa relazione;
  • si riferisce al fatto che Dio (come dice il libro dell’Apocalisse, in Ap 7,17 e 21,4) «asciugherà ogni lacrima»;
  • è un modo simbolico per dire che ogni tipo di angoscia e dolore che l’uomo può aver sperimentato in vita è passata.

Facciamo un ultimo esempio.

I cristiani dicono che «Dio è Padre».

Ma cosa intendono con questa frase?

Cosa significa per me questa frase?

Che Dio è un uomo di 69 anni?

Che porta gli occhiali?

Che ha un neo sulla guancia?

Ovviamente no.

(Per chi volesse una risposta più esaustiva, c’è una pagina del blog in cui provo a spiegare che significa che Dio è «Padre»)

Insomma, cosa voglio dire con questi tre esempî?

Che le cose si possono comprendere… ma anche fraintendere.

Ci sono alcune persone che, volendo dare sfoggio del loro spiccato senso dell’umorismo, dicono cose tipo: «Prima ero agnostico… poi ho letto la Bibbia ed ho scoperto quanto è cattivo Dio nell’Antico Testamento… e sono diventato ateo!» (*).

(*) (tipica battuta di quel tuo zio boomer, che va al parco ad addescare ragazzini offrendo loro caramelle)

In realtà, la lettura della Bibbia per giustificare il proprio ateismo non è una scusa.

Si può leggere qualsiasi libro e non capire il senso di ciò che si è letto.

Chi legge la Bibbia e poi pensa che Dio sia cattivo… molto semplicemente, ha frainteso il significato del testo.

Oh, intendiamoci.

Nessun giudizio!

La «lettura e comprensione di un testo» è una delle cose che vengono insegnate alla scuola primaria.

E, come tutti sappiamo, in giro ci sono pessime maestre delle elementari.

3 • Un dio guerrafondaio?

L’idea che il dio dell’Antico Testamento sia cattivo non è nata l’altro ieri.

Già nel II secolo, il vescovo e teologo Marcione di Sinope (85 circa – 160 circa) diceva che YHWH era un dio diverso da quello descritto da Gesù.

Secondo Marcione, il dio dell’Antico Testamento era guerrafondaio, vendicativo, geloso, intransigente; YHWH era un dio nato in un contesto religioso primitivo, tribale, rozzo, lontano anni luce dal dio di cui parla Gesù nel Nuovo Testamento.

Per questo, Marcione voleva «purificare» il cristianesimo, separandolo dalle sue radici ebraiche.

Le dottrine di Marcione sono state dichiarate eretiche, oltre ad essere state confutate da:

  • Giustino (150 circa), nella sua Apologia;
  • Ireneo di Lione (170 circa), nell’Adversus Haereses (e in un’altra opera che non portò a compimento);
  • Tertulliano (tra il 207 e il 212) scrisse l’Adversus Marcionem, un’opera in in cinque libri;
  • Epifanio di Salamina (nel IV secolo) scrisse un’opera in un confutava le eresie più note, tra le quali rientra anche il marcionismo;
  • Efrem il Siro (anche lui nel IV secolo) negli Inni contro gli eretici e in altre sue opere;
  • e molti altri autori.

Proviamo però a fare gli avvocati del diavolo.

Come mai per Marcione il Dio dell’Antico Testamento era cattivo?

Su cosa si basavano le sue idee?

Beh.

Se apriamo alcuni libri dell’Antico Testamento (in particolare, i libri che narrano l’ingresso del popolo di Israele nella terra promessa) non è difficile trovare versetti che potrebbero destare questo sospetto:

Giosuè sconfisse Amalèk e il suo popolo, passandoli poi a fil di spada.
Allora il Signore disse a Mosè: «Scrivi questo per ricordo nel libro e mettilo negli orecchi di Giosuè: io cancellerò del tutto la memoria di Amalèk sotto il cielo!»
(Es 17,13-14)

Qualora tu senta dire di una delle tue città che il Signore, tuo Dio, ti dà per abitarvi, che uomini iniqui sono usciti in mezzo a te e hanno sedotto gli abitanti della loro città dicendo: «Andiamo, serviamo altri dèi», dèi che voi non avete mai conosciuto, tu farai le indagini, investigherai, interrogherai con cura.
Se troverai che la cosa è vera, che il fatto sussiste e che un tale abominio è stato realmente commesso in mezzo a te, allora dovrai passare a fil di spada gli abitanti di quella città, la dovrai votare allo sterminio con quanto contiene e dovrai passare a fil di spada anche il suo bestiame.
(Dt 13,13-16)

Il Signore consegnò anche questa città e il suo re nelle mani d’Israele, che la passò a fil di spada con ogni essere vivente che era in essa; non vi lasciò alcun superstite e trattò il suo re come aveva trattato il re di Gerico.
(Gs 10,30)

strage degli animali

Facendo zapping su internet, spesso mi sono imbattuto in meme e reel fatti da atei militanti (tutti campioni di esegesi, nel web) che estrapolando versetti dal contesto, vogliono mostrare al mondo «quanto era cattivo il Dio di Israele»:

  • «Vedete! Il dio di Israele promuoveva le guerre di religione!!»
  • «La kies4 non ci3lo dice! Ma YHWH istigava odio e violenza!!1»
  • «La religione fa schif0h!!»»
  • «Scacco matto, cristiani!1!»

Ora.

Spezziamo una lancia a favore di questi paladini dell’ateismo (molti dei quali, comunque, avrebbero bisogno di un abbraccio… e di un amico…).

Come si fa a fare l’apologia di questi versetti?

Come si possono difendere passi della Bibbia in cui si parla di persone «passate a fil di spada»?

È molto semplice: interpretando correttamente il testo.

Facciamo un esempio.

Prendiamo il versetto che ho citato nell’ultima vignetta.

È tratto dal libro di Giosuè.

Nel sesto capitolo di questo libro, viene raccontata la conquista di Gerico da parte del popolo ebraico.

Non so se lo sapete, ma Gerico era «la città inespugnabile» per antonomasia.

Era stata costruita su una collina (da cui i soldati potevano notare l’avvicinamento dei nemici a chilometri di distanza); aveva mura alte 25 piedi e spesse 20 piedi; e aveva un esercito che la difendeva.

Gerico era la Minas Tirith del Medio Oriente.

Bene.

Se leggete per intero il testo della conquista di Gerico (non vi faccio copia e incolla perché è un po’ lunghetto; per chi fosse curioso lo trova qui) potete notare che viene elencata una stranezza dopo l’altra

Tra le cose strambe, ci sono gli ordini che Dio dà agli israeliti per conquistare la città:

  • tanto per cominciare, Dio dice ai soldati di Israele di fare un giro intorno alle mura, una volta al giorno, per sei giorni di fila (versetto 3), così, de botto, senza senso;
  • in testa a questa processione devono esserci sette sacerdoti, muniti di trombe, seguiti dall’Arca dell’Alleanza (versetto 4);
  • il settimo giorno, invece, l’esercito deve girare intorno alla città sette volte, e i sacerdoti devono suonare le trombe (versetto 4);
  • a quel punto, tutto il popolo dovrà fare un grido di guerra, a pieni polmoni (versetto 5);
  • gli israeliti seguono queste istruzioni… ed effettivamente le mura della città crollano (versetto 20);
  • etc.

Ora.

Io non sono uno stratega militare (*).

stratega militare

Comunque, tornando a Gerico…

…mi sembra una strategia un po’ strana per conquistare una città!

Sorge spontanea una domanda: ma le cose sono andate veramente così?

Qual è il senso di questo testo? L’autore voleva fare una cronaca storica dell’evento? (tra l’altro, ora non ho la fonte sotto mano, ma leggevo che numerose ricerche storiografiche, scavi e reperti, hanno confermato che la città di Gerico era caduta in rovina ben prima che arrivassero gli israeliti – caffè pagato a chi mi trova la fonte).

Quella che viene descritta nel testo non è una strategia militare, ma una processione liturgica: il corteo solenne, i sacerdoti che suonano le trombe, l’Arca dell’Alleanza in cima alla processione, etc.

Che significa?

Significa che quando gli ebrei leggevano questi testi, la prima cosa a cui pensavano non è:

  • «Imbracciamo le armi!»
  • «Attacchiamo i popoli nemici!»
  • «Morte agli infedeli!»

La chiave di lettura di questi testi era la vicinanza di Dio nelle avversità!

Di fronte a testi come questo, leggevano tra le righe:

  • che Dio non è nell’iperuranio, ma cammina al fianco del popolo nelle difficoltà quotidiane;
  • che Dio ha a cuore Israele, e lo aiuta quando le condizioni esterne sembrano avverse;
  • che se qualcosa è al di là delle mie possibilità e delle mie forze, non per questo è impossibile a Dio;
  • che di fronte ad una “Gerico inespugnabile” (cioè un problema insormontabile nelle vicissitudini della mia vita), Dio può ancora dire un’ultima parola;
  • etc.

Ora.

Ovviamente non posso mettermi a spiegare ogni singolo passo dell’Antico Testamento in cui vengono raccontati eventi militari o in cui qualcuno viene «passato a fil di spada».

Però, facendo un discorso generale, si può dire questo.

Come già spiegavo in quest’altra pagina del blog la Bibbia è composta da una settantina di libri, di generi letterarî diversi, composti in epoche diverse, da autori diversi.

Tra i libri della Bibbia, i cristiani distinguono i cosiddetti libri storici, ovvero:

  • il libro di Giosuè (in cui è raccontata la conquista di Gerico, che ho riportato sopra)
  • il libro dei Giudici
  • i libri di Samuele
  • i libri dei Re
  • etc. (in totale, sono ventuno libri)

Questi libri sono chiamati «storici» perché raccontano la storia del popolo di Israele, dalla chiamata di Giosuè (dopo la morte di Mosè) fino alla rivolta dei fratelli Maccabei contro i Seleucidi (tra il 176 e il 134 a.c.).

Come avevo già scritto nel blog, in realtà sarebbe più corretto chiamarli «libri narrativi» piuttosto che di «libri storici».

In che senso?

Nel senso che la maggior parte di questi libri non ha la pretesa di fornire una cronaca storica degli avvenimenti della storia di Israele, ma una rilettura in chiave teologica di questa storia.

Che vuol dire?

Vuol dire che il tema principale di TUTTI i libri storici è la relazione con Dio.

Questi testi servivano come memoriale, per ricordare:

  • che Dio è vicino nelle avversità;
  • che Dio viene in mio soccorso nelle mie battaglie quotidiane (che non sono quelle contro gli amaleciti, i seleucidi o altri popoli confinanti con Israele; si tratta piuttosto di quel «combattimento spirituale» di cui parla Paolo in Efesini 6,12)
  • che se mi allontano da Dio, la vita diventa gradualmente più triste, più cinica, più unammerda (in tutti questi libri, ogni volta che capitano delle disgrazie al popolo, troverete sempre scritto che le sciagure sono state causa dell’infedeltà del popolo, il quale «fece ciò che è male agli occhi del Signore», cfr. Gen 38,7; Nm 32,13; Gdc 2,11; Gdc 3,7; 1Sam 15,19; etc.);
  • che se confondo la ricchezza, il benessere o i soldi con Dio, mi sto ingannando, perché queste cose sono idoli «opera delle mani dell’uomo. / Hanno bocca e non parlano, / hanno occhi e non vedono, / hanno orecchi e non odono; / no, non c’è respiro nella loro bocca. / Diventi come loro chi li fabbrica / e chiunque in essi confida» (Sal 135,15-18)
  • etc.

Insomma.

Che tu sia Marcione.

Che tu sia un ateo militante leone da tastiera.

Se interpreti in senso strettamente letterale ogni singolo versetto dell’Antico Testamento stai fraintendendo il testo.

4 • Un dio punitore?

Passiamo alla seconda accusa rivolta «al Dio dell’Antico Testamento».

Nell’Antico Testamento, si parla spesso dei castighi di Dio.

Anche qui, ritorna la stessa immagine di prima:

  • Dio cattivo;
  • Dio col battipanni in mano;
  • Dio in versione signorina Trinciabue;
omelie dio cattivo

In un suo libro molto interessante, il gesuita Pietro Bovati (professore del Pontificio Istituto Biblico, specializzato nell’ambito dell’esegesi e della teologia dell’Antico Testamento) scriveva questa frase:

Non c’è errore più difficile da combattere di quello che è diventato luogo comune. Uno di questi è l’opinione, diffusa non solo fra gli incolti, che l’Antico Testamento rifletta una mentalità primitiva, secondo la quale la reazione al male si esplica mediante la vendetta.
In tal modo il mondo dell’antico Israele è radicalmente contrapposto a quello cristiano e a quello contemporaneo, come si contrappone il regime del puro istinto e della violenza al regno della ragione e del diritto.

(PIETRO BOVATI, Vie della giustizia secondo la Bibbia : sistema giudiziario e procedure per la riconciliazione, EDB, Bologna 2014, p.48)

Come dicevo prima, non posso mettermi a recuperare ogni versetto dell’Antico Testamento in cui Dio punisce qualcuno, e spiegare il senso di ciascun passo, quindi farò un discorso generale (a voi il compito di calarlo nei varî casi specifici).

Partiamo dalla parola «castigo».

Facendo una ricerca sulla Bibbia, si può notare facilmente che la parola «castig[…]» («castigo, castiga, castigare, castigato», etc.) compare tantissime volte:

Se nemmeno a questo punto mi darete ascolto, io vi castigherò sette volte di più per i vostri peccati.
(Lv 26,18)

[…] perché mi incute timore il castigo di Dio
e davanti alla sua maestà non posso resistere.
(Gb 31,23)

Signore, non punirmi nella tua ira,
non castigarmi nel tuo furore.
(Sal 6,2)

Nel contesto culturale piccolo-borghese in cui viviamo, parole come «punizione» o «castigo» ci infastidiscono.

Sanno un po’ di sofferenza… e se c’è una cosa che terrorizza noi occidentali è proprio la possibilità di soffrire.

Nella nostra testa è scritta un’equazione: sofferenza = inutile.

Quando leggiamo nella Bibbia che Dio punisce qualcuno, pensiamo (in modo più o meno esplicito) che Dio stia facendo un dispetto a qualcuno.

Le punizioni di Dio ci sembrano un “male gratuito” – talvolta pure sadico.

Ebbene.

Prima di scomodare i biblisti… prendiamo di nuovo la Treccani.

Andiamo a leggere la definizione della parola «castigare»:

Castigare v. tr. [dal lat. castigare «rimproverare, correggere, punire», comp. di castus «puro» e agĕre «fare, rendere»] Punire, infliggere una pena al fine di correggere.

(TRECCANI, vocabolario online, voce «castigare»)

«Castigare» viene da «castum + agere», cioè «rendere puro».

Ora non voglio fare l’apologia del battipanni…

…ma credo che in Occidente abbiamo perso totalmente di vista la funzione terapeutica del castigo.

Su questo, gli ebrei hanno molto da insegnarci… sentite cosa dicevano nella Bibbia:

Beato l’uomo che tu castighi, Signore, e a cui insegni la tua legge […].
(Sal 94,12)

Il Signore mi ha castigato duramente, ma non mi ha consegnato alla morte.
(Sal 118,18)

Riconosci dunque in cuor tuo che, come un uomo corregge il figlio, così il Signore, tuo Dio, corregge te.
(Dt 8,5)

Figlio mio, non disprezzare l’istruzione del Signore
e non aver a noia la sua correzione,
perché il Signore corregge chi ama,
come un padre il figlio prediletto.
(Pro 3,11-12)

(Ora non voglio attaccare con l’elenco dei versetti, però ci stanno pure Sir 18,13; Sap 16,2; Sal 119,71; Mi 7,14-20… e si potrebbe continuare ancora a lungo…)

Intendiamoci: questa sapienza non era “proprietà esclusiva” degli ebrei… anche i primi cristiani avevano chiaro il senso dei «castighi» di Dio.

Sentite cosa dice l’autore della lettera agli ebrei (che fa parte del Nuovo Testamento):

È per la vostra correzione che voi soffrite! Dio vi tratta come figli; e qual è il figlio che non viene corretto dal padre?
Se invece non subite correzione, mentre tutti ne hanno avuto la loro parte, siete illegittimi, non figli!
Del resto noi abbiamo avuto come educatori i nostri padri terreni e li abbiamo rispettati; non ci sottometteremo perciò molto di più al Padre celeste, per avere la vita?
Costoro infatti ci correggevano per pochi giorni, come sembrava loro; Dio invece lo fa per il nostro bene, allo scopo di farci partecipi della sua santità.
Certo, sul momento, ogni correzione non sembra causa di gioia, ma di tristezza; dopo, però, arreca un frutto di pace e di giustizia a quelli che per suo mezzo sono stati addestrati.

(Eb 12,7-11)

Al che qualcuno potrebbe dire: «Eh, Sale, però nell’Antico Testamento Dio era molto più severo nelle punizioni… ad esempio, pensa alla “legge del taglione”: “occhio per occhio, dente per dente”… ti sembra un modo equo di punire??».

Sulla «legge del taglione» bisognerebbe aprire una parentesi gigantesca (ma questo non mi sembra il momento adatto)…

…dirò solo una scempiaggine: il senso per cui è nata la legge del taglione è quello di moderare le pene, rendendole proporzionate alla colpa commessa.

In che senso?

Pensateci un attimo… non so voi, ma se qualcuno mi cavasse un occhio, la mia reazione istintiva non sarebbe quella di cavargli “in cambio” un occhio, ma di spaccargli la testa con una mazza da cricket, uccidergli il cane, il gatto, la nonna e il pesce rosso.

La legge del taglione interveniva proprio in questi casi: per moderare la pena, secondo un criterio di proporzionalità.

Oh, intendiamoci.

La questione – indubbiamente – è ben più complessa di così.

Ci sono di mezzo questioni culturali, questioni di diritto e mille altre condizioni al contorno.

Vi lascio qui sotto un altra citazione di Pietro Bovati (chi volesse approfondire l’argomento, può leggere per intero il libro da cui è tratto questo passaggio):

È […] giusto, cioè doveroso, rispondere al male.
Ma qual è la risposta giusta?
Quale rapporto va stabilito tra crimine e pena?
Su quest’ultima problematica la Scrittura ha una posizione che potremmo dire fluida.
Mentre è assolutamente ferma e monolitica sul fatto della punizione, è invece variegata e mobile sulle modalità concrete i applicazione della sanzione.
Il «come» punire è infatti legato ai mutevoli condizionamenti della storia sociale, culturale, istituzionale, politica e religiosa degli uomini; e Israele su questo punto non costituisce un’eccezione.
Ciò di cui i codici penali ebraici testimoniano è comunque la preoccupazione di una punizione giusta, nel senso di proporzionata, equa, noi diremmo «ragionevole» o «umana».

(PIETRO BOVATI, Vie della giustizia secondo la Bibbia : sistema giudiziario e procedure per la riconciliazione, EDB, Bologna 2014, p.510)

5 • Un dio giudice severo?

Passiamo alla terza accusa rivolta «al Dio dell’Antico Testamento».

Un altro motivo per il quale YHWH passa per cattivo, è che spesso si presenta come «giudice»:

  • Dio giudica i colpevoli;
  • Dio separa i buoni dai cattivi;
  • Dio premia e punisce.

I versetti in cui Dio si presenta in questo modo sono veramente tantissimi:

Secondo le sue opere
tu ripaghi ogni uomo
(Sal 62,13)

Egli renderà a ciascuno secondo le sue opere.
(Pr 24,12)

Nel giorno dell’ira del Signore
e al fuoco della sua gelosia
tutta la terra sarà consumata,
poiché farà improvvisa distruzione
di tutti gli abitanti della terra.
(Sof 1,18)

Egli infatti ricompensa l’uomo secondo le sue opere,
retribuisce ciascuno secondo la sua condotta.
(Gb 34,11)

Alcuni di questi versetti parlano di un premio ed una punizione che gli uomini giusti ricevono quiggiù sulla terra…

…altri invece fanno riferimento ad un evento escatologico: al giorno in cui, alla fine dei tempi, YHWH si presenterà come giudice del cielo e della terra per il famoso/famigerato Giudizio Universale:

giudizio finale

Secondo un luogo comune duro a morire, la predicazione di Gesù avrebbe cancellato con un colpo di spugna queste immagini di Dio.

Maaa… siamo sicuri che il fatto che Dio sia (anche) giudice sia un concetto vetero-testamentario?

In realtà, se apriamo il Nuovo Testamento si può notare facilmente che il giudizio finale è uno dei temi più ricorrenti: nelle parabole di Gesù nei Vangeli (ad esempio in Mt 13,49), nella lettera ai Romani (Rm 2,3; 2,5; 5,16), nella lettera di Giacomo (Gc 3,1), nella prima e seconda lettera di Pietro (1Pt 4,17; 2Pt 2,9; 3,7), nel libro dell’Apocalisse (Ap 14,14-20)…

A scanso di equivoci, è Gesù stesso che ha detto di non essere venuto a cancellare ciò che i profeti avevano annunciato prima di lui:

Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli.

(Mt 5,17-19)

Qualcuno però dirà: «È vero, Sale, Gesù spesso è stato severo e ha parlato di un “giudizio”… però, non parlava solo di quello; cioè, c’era i giudizio… però sapeva mostrare anche il lato buono, misericordioso, compassionevole di Dio!».

È vero.

Gesù non parlava solo del giudizio.

Anzi.

Gesù ha sempre mostrato una tenerezza enorme per i peccatori.

Si commuoveva per loro.

Piangeva per loro (Lc 19,41).

Uno dei verbi più belli utilizzati nei Vangeli è σπλαγχνίζομαι, splanknìzomai.

Questo verbo si trova 12 volte nei Vangeli (Mt 9,36; Mt 14,14; Mt 15,32; Mt 18,27; Mt 20,34; Mc 1,41; Mc 6,34; Mc 8,2; Mc 9,22; Lc 7,13; Lc 10,33; Lc 15,20), e quasi sempre si riferisce a Gesù (in Lc 10,33, invece, è utilizzato per descrivere il moto di compassione del Buon Samaritano).

Nella traduzione (dimmerda) della CEI, questo verbo è reso con «sentire compassione».

Di per sé non è una traduzione sbagliata… però secondo me perde la forza dell’originale.

Splanknìzomai significa «qualcosa che ti prende fino alle viscere»: avere compassione fin nelle viscere, essere commosso fino a sentire un movimento nelle interiora.

Gesù ha pena degli uomini che sono invischiati nei peccati fino a questo punto.

Ora però vi faccio una domanda.

Anzi, chiudo il paragrafo con questa domanda.

Qual è la differenza tra il «movimento di viscere» di Gesù (che – stando al racconto dei Vangeli – sarebbe Dio e Figlio di Dio) e questa descrizione di YHWH che si trova nell’Antico Testamento?

Quando Israele era fanciullo,
io l’ho amato

e dall’Egitto ho chiamato mio figlio.
Ma più li chiamavo,
più si allontanavano da me;
immolavano vittime ai Baal,
agli idoli bruciavano incensi.
A Èfraim io insegnavo a camminare
tenendolo per mano
,
ma essi non compresero
che avevo cura di loro.
Io li traevo con legami di bontà,
con vincoli d’amore,
ero per loro
come chi solleva un bimbo alla sua guancia
,
mi chinavo su di lui
per dargli da mangiare.
Il mio popolo è duro a convertirsi:
chiamato a guardare in alto,
nessuno sa sollevare lo sguardo.
Come potrei abbandonarti, Èfraim,
come consegnarti ad altri, Israele?
Il mio cuore si commuove dentro di me,
il mio intimo freme di compassione
.
Non darò sfogo all’ardore della mia ira,
non tornerò a distruggere Èfraim,
perché sono Dio e non uomo;
sono il Santo in mezzo a te
e non verrò da te nella mia ira.

(Os 11,1-4.7-9)

Conclusione

Il teologo Origene (185-254) diceva che l’Antico Testamento è «antico» solo per quelle persone che «lo comprendono carnalmente», cioè per chi si ferma ad una interpretazione letterale del testo.

Per quelli che invece «lo comprendono nello Spirito», l’Antico e il Nuovo Testamento sono entrambi «nuovi».

(cfr. ORIGENE, Omelia sui Numeri, 9,4; citato da BENEDETTO XVI nell’Udienza generale del 25 aprile 2007)

Che significa?

Significa che non esiste un «dio buono» e un «dio cattivo».

Esistono solo le persone che non conoscono Dio (la stragrande maggioranza) e quelle che lo conoscono.

Tra queste ultime, poi, c’è un gruppo ancora più ristretto che interpreta correttamente ciò che è scritto nella Bibbia… i santi:

I santi sono gli autentici interpreti della Sacra Scrittura.
Il significato di un’espressione si rende comprensibile in modo più chiaro proprio nelle persone che ne sono state completamente conquistate e l’hanno realizzata nella propria vita.
L’interpretazione della Scrittura non può essere una faccenda puramente accademica e non può essere relegata nell’ambito esclusivamente storico.
La Scrittura porta in ogni suo passo un potenziale di futuro che si dischiude solo quando le sue parole vengono vissute e sofferte fino in fondo.

(JOSEPH RATZINGER, Gesù di Nazaret – Dal battesimo alla Trasfigurazione, BUR, Milano 2011, versione Kindle, 22%)

sale

(Primavera 2023)

Fonti/approfondimenti
  • PIETRO BOVATI, Vie della giustizia secondo la Bibbia : sistema giudiziario e procedure per la riconciliazione, EDB, Bologna 2014
  • PIETRO BOVATI, Così parla il Signore - Studi sul profetismo biblico, EDB, Bologna 2008
  • JOSEPH RATZINGER, Gesù di Nazaret. Dal Battesimo alla Trasfigurazione, BUR, Milano 2011

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