Il matrimonio cristiano: tra luoghi comuni, falsi miti e fregnacce

Condividi sui social:

1 • «Purezza pagana» vs «ipocrisia cristiana» (?)

Quando facevo il liceo (tra il 2005 e il 2010) ascoltavo tanta musica metal.

Inizialmente, ero partito con i System of a Down ed i Korn

…poi ho conosciuto il folk metal e – come dice Morpheus in Matrix – «ho scoperto quant’è profonda la tana del bianconiglio».

La cosa che mi ha fatto innamorare del folk metal è il fatto che alle sonorità tipiche del metal classico – con chitarra elettrica, batteria e basso elettrico – i gruppi uniscono strumenti tipici della musica folk (gli Elvenking, gli Alestorm e i Mägo de Oz usano il violino; i Folkstone usano la cornamusa; gli Eluveitie usano la ghironda – uno strumento a corde strofinate da un disco, di origine medioevale; i Korpiklaani usano il kantele – uno strumento a corde della tradizione finlandese; etc.).

Del folk metal – oltre alle melodie – mi piacevano anche i temi trattati nelle canzoni:

  • il fantasy: i Rhapsody of Fire raccontano di draghi, cavalieri, battaglie epiche contro potenze oscure in mondi immaginarî;
  • la storia celtica: gli Eluveitie hanno composto brani sulla storia dei Galli, le loro battaglie contro i romani, le sconfitte contro Giulio Cesare, etc;
  • il mondo della pirateria: gli Alestorm – tra l’humor e il grottesco – celebrano la vita dei pirati e le loro le scorribande nei mari.

Fin qui, tutto bello e tutto entusiasmante…

…a un certo punto però sono arrivate le note dolenti.

Infatti, man mano che esploravo questo genere musicale, mi sono accorto che i temi di cui cantavano alcune band mi puzzavano di bruciato.

Nello specifico, una delle cose che mi lasciavano perplesso è il fatto che alcune canzoni dei miei gruppi preferiti tessevano lodi sperticate del mondo pagano.

Quando dico «mondo pagano» non intendo il «mondo classico».

Il mondo classico è una delle colonne portati della nostra civilità.

sale da piccolo

Quando dico che i gruppi folk metal esaltano il «mondo pagano» mi riferisco a:

  • la nostalgia per il mondo pre-cristiano, dipinto in modo romantico e idillico;
  • un ritorno idealizzato alle radici pagane della nostra società;
  • l’estaltazione di uno stile di vita libero e sfrenato, in contrapposizione ad una società percepita come rigida, puritana e bigotta;
  • la contestazione di norme morali “oppressive”, che ostacolano la “purezza autentica” che abbiamo perduto;
  • etc.

A titolo di esempio, mi vengono in mente alcuni versi degli Elvenking (che penso siano il mio gruppo folk metal preferito):

Besieged by the boundless grandeur of these greenclad heaths
Could I swallow deep within of Mother Nature’s seed
Branches pleached and berried bushes and that lonely tree
To this oak wood I bestow my pagan purity!

(ELVENKING, Pagan Purity, dall’album Heathenreel, pubblicato il 23 giugno 2001)

(traduzione: Assediato dalla sconfinata grandezza di queste brughiere vestite di verde / Potessi inghiottire nel profondo il seme di Madre Natura / Rami intrecciati, cespugli carichi di bacche e quell’albero solitario / A questo bosco di querce io dono la mia purezza pagana!)

We’re as one with the sky
We are the pagan legions
Sons of Mother Earth back to pagan roots
We light the fires of purity, minority
We are the Elvenlegions on the rise!

(ELVENKING, Elvenlegions, dall’album The Pagan Manifesto, pubblicato il 9 maggio 2014)

(traduzione: Siamo uno con il cielo / Siamo le legioni pagane / Figli di Madre Terra, di ritorno alle radici pagane / Accendiamo i fuochi della purezza, minoranza / Siamo le Elven-legioni in ascesa!)

Ora.

Perché in una pagina sul matrimonio vi sto parlando del folk metal e della nostalgia per la «purezza pagana»?

Beh.

Perché i rimpianti per un’epoca mai esistita non sono un invenzione degli Elvenking, né dei gruppi folk metal degli ultimi trent’anni.

Già nel XIX secolo, lo scrittore francese Charles Baudelaire (1821-1867) scriveva queste righe:

Non potendo sopprimere l’amore, la Chiesa ha voluto almeno disinfettarlo, e ha decretato il matrimonio.

(CHARLES BAUDELAIRE, Il mio cuore messo a nudo : razzi, igiene, titoli e spunti per romanzi e racconti, Adelphi, Milano 2011)

Nello stesso periodo storico, lo scrittore irlandese Oscar Wilde (1854-1900) scriveva che:

L’unica attrattiva del matrimonio è quella di rendere una vita di inganni assolutamente necessaria.

(OSCAR WILDE, Il ritratto di Dorian Gray, Feltrinelli, Milano 2016)

Ben prima degli Elvenking, c’erano autori che – in modo più o meno consapevole – sostenevano le stesse tesi:

  • il rifiuto dell’ipocrisia borghese a favore di un’etica pagana;
  • l’idea che la morale sia un costrutto sociale falso e – al contrario – ciò che è pre-morale sia genuino;
  • la contrapposizione tra un amore «libero» (quello pre-cristiano) e un amore «ingabbiato» (quello post-cristiano, all’interno del matrimonio).

Negli ultimi secoli ci sono stati molti autori che hanno sostenuto che il matrimonio è un’ipocrisia.

Una farsa – inventata dalla Chiesa – per ingabbiare «l’amore vero».

Una tacita bugia che ci raccontiamo per garantire la sopravvivenza della specie.

Queste idee erano in voga già tra il ‘700 e l’800 – tra l’intellighenzia anticlericale francese – ed erano diffuse da autori come Jean-Jacques Rousseau (1712-1778) e Voltaire (1694-1778):

È questo un tipico topos della polemica anticattolica settecentesca e ottocentesca. Pensiamo ad esempio alle pagine in cui Rousseau nell’Emilio rammenta con toni nostalgici l’abbigliamento piuttosto leggero degli antichi Greci, considerato più sciolto e vicino alla natura.
O ancora pensiamo all’esaltazione degli antichi operata da Voltaire in chiave anticattolica.
[…]
Così in nome di una supposta “pre-morale” antica ci si è sentiti liberi di dare sfogo a congetture e presunte teorie sessuali prontamente supportate dalle scienze psicologiche o dalle acquisizioni più recenti dell’antropologia culturale.

(FRANCESCO COLAFEMMINA, Il matrimonio nella Grecia classica, Edizioni Settecolori, Lamezia Terme 2011, p.61-62)

Che dire?

Si tratti degli Elvenking o dei filosofi francesi del ‘700, io rimango sempre un po’ interdetto quando c’è qualcuno che – per motivi ideologici – iper-semplifica, taglia con l’accetta, decontestualizza, riduce tutto a «bianco» o «nero» o forza la realtà in una narrazione preconfezionata.

Questo modo di fare e di comunicare sacrifica la profondità in cambio di slogan accattivanti… ma non mi sembra molto utile per approfondire le cose.

2 • Due spunti «pagani» sul matrimonio

Nel precedente paragrafo ho citato Baudelaire, che criticava la Chiesa per essersi inventata il matrimonio.

A costo di fare Capitan Ovvio, vorrei fare presente che il matrimonio non è un’invenzione della Chiesa.

L’istituzione del matrimonio si perde nel tempo.

Probabilmente risale al neolitico (tra il 10000 e l’8000 a.C.)… anche se le prime evidenze scritte di cerimonie matrimoniali sono del 2350 a.C. circa – in Mesopotamia.

homo erectus

Ora non vorrei attaccare un pippone sulla storia del matrimonio…

…anche perché, si dà il caso che io non sia particolarmente preparato in materia… e non è un argomento che mi interessa particolarmente.

Però, tra le mie letture, ho trovato due spunti interessanti che vorrei condividere.

Nello specifico – dato che gli autori che ho citato nel precedente paragrafo accusano più-o-meno-esplicitamente la Chiesa di aver reso il matrimonio ciò che è – vi vorrei citare ciò che due autori non cristiani hanno scritto a proposito del matrimonio.

~

Il primo autore è Aristotele (384 a.C. – 322 a.C.).

Sicuramente conoscerete la celebre frase del filosofo stagirita:

L’uomo è, per sua natura, un animale politico.

(ARISTOTELE, Politiká, I, 2, 1253a)

Ho sentito pronunciare questa frase nei contesti più disparati:

  • per suscitare nelle persone l’interesse a contribuire al bene comune;
  • per enfatizzare che non è possibile farsi «i fatti proprî» se si vive in una comunità;
  • per ribadire che è necessario partecipare al dibattito politico – sui social o nella vita vera;
  • per sottolineare l’importanza della partecipazione al voto;
  • etc.

Ebbene.

Io sono molto d’accordo sia con l’aforisma di Aristotele, sia con le sue declinazioni che ho scritto qui sopra.

Sono altrettanto d’accordo con un altro pensiero di Aristotele, molto meno conosciuto di quello che vi ho citato (o per lo meno, io non l’avrei mai scovato se non me lo fossi trovato inaspettatamente sotto gli occhi; cfr. FABRICE HADJADJ, Mistica della carne : la profondità dei sessi, Medusa, Milano 2020, p.133):

Per natura l’uomo è un essere più portato a vivere in coppia che un essere politico.

(ARISTOTELE, Ēthikà Nikomácheia, VIII, 13, 1162 a 17-18)

Che dire?

Questa frase di Aristotele ve la lascio qui.

Ciascuno tragga le sue conclusioni.

Andiamo avanti.

~

Il secondo spunto che volevo condividere è questo.

Nel I secolo dopo Cristo, il filosofo e storico greco Plutarco (46 circa – 125/127) ha scritto un testo intitolato Gamikà Paranghélmata (Γαμικὰ Παραγγέλματα).

I Gamikà Paranghélmata – tradotti come «Precetti coniugali» – sono un trattatello, scritto in forma di lettera, che Plutarco indirizza a due suoi allievi, Polliano ed Euridice, in occasione del loro matrimonio.

Ora.

Essendo un testo del I secolo, mi rendo conto che non appartiene all’epoca classica, ma si colloca in un periodo più tardo – quello della Grecia “romana”

…in realtà però Plutarco riprende e rielabora i principi etici e morali dei pensatori greci più famosi (a titolo di esempio, Senofonte – nell’Economico – aveva già discusso del ruolo della famiglia e della gestione della casa come fondamento della vita sociale; e Aristotele – nella Politica e nell’Etica Nicomachea – aveva parlato del valore delle virtù domestiche e dell’importanza dell’armonia coniugale per il benessere della comunità).

Nel testo, l’autore offre consigli pratici e riflessioni sulla vita coniugale.

Plutarco parla di:

  • rispetto reciproco
  • fedeltà
  • collaborazione tra i coniugi

Il trattatello è abbastanza scorrevole – sono 48 brevi capitoli che contengono aforismi, consigli, esempî pratici.

Senza perdere ulteriore tempo in chiacchiere, vorrei citarvi alcuni stralci e dire due scempiaggini in proposito (per chi volesse leggerne altri, li trova in FRANCESCO COLAFEMMINA, Il matrimonio nella Grecia classica, Edizioni Settecolori, Lamezia Terme 2011).

Partirei con questo:

Come il fuoco si attacca agevolmente alla paglia, al lucignolo e al pelo di lepre, ma subito si spegne, a meno che non trovi un altro materiale in grado di mantenerlo e alimentarlo, così l’amore fulminante nato dal corpo o dalla giovinezza tra neosposi bisogna ritenere che non sia destinato ad ardere né a lungo, né costantemente, se non è fondato sul carattere ed essendo legato alla razionalità non assume la forma di una disposizione dell’anima.

(PLUTARCO, Gamikà Paranghélmata, IV)

Che dire?

Se penso ai Mägo de Oz (band folk metal spagnola) che celebrano la libertà sessuale e i piaceri del «paganesimo», mi fa sorridere il paradosso.

Quando questi gruppi parlano dei «tempi pagani» probabilmente immaginano orge, baccanali, bagordi…

…mentre invece i pagani (*) erano più bacchettoni e pesantoni di loro!

(*) (sicuramente non tutti… ma probabilmente la maggior parte)

Sentite quest’altra citazione:

La pesca con esche avvelenate subito agguanta e cattura il pesce, ma lo rende immangiabile e cattivo; così le donne che si industriano a preparare filtri e sortilegi ai loro mariti e li conquistano attraverso il piacere, convivono con uomini incostanti, sciocchi e corrotti.
Nemmeno, infatti, coloro che furono ammalati da Circe le portarono diletto, né seppe cosa farsene dopo averli trasformati in porci e asini, mentre si innamorò alla follia di Ulisse perché aveva cervello e agiva con prudenza.

(PLUTARCO, Gamikà Paranghélmata, V)

Parafrasando il pensiero di Plutarco: se vuoi conquistare un uomo basandoti sulla sensualità e sull’esteriorità, che tipo di uomo pensi che si innamorerà di te?

Probabilmente una persona superficiale.

Un narcisista.

tinder

Se qualcuno si fosse offeso per il fatto che Plutarco prende come esempio una donna superficiale… tranquilli, c’è pure il corrispettivo per i maschietti:

I re amanti della musica fanno di molti dei musici, quelli amanti di letteratura generano molti letterati, quelli amanti dello sport molti ginnasi.
Così un marito amante della bellezza esteriore fa di sua moglie una sciantosa, uno lussurioso ne fa una sgualdrina e una libertina, mentre un marito virtuoso e buono la rende saggia e onesta.

(PLUTARCO, Gamikà Paranghélmata, XVII)

Traducendo questa frase ai giorni nostri: se nel cuore hai pensieri torbidi, corteggerai donne che corrispondono ai tuoi pensieri… troverai donne che li alimentano… e finirai per riempire il cuore di queste donne dei pensieri torbidi che affollano il tuo cuore…

…al contrario, se nella vita cerchi cose belle, buone, vere… c’è la possibilità che – se mai un giorno ti innamorerai – sarà perché incontrerai una donna a cui batte il cuore per le stesse cose che accendono il tuo; e allora quando starete insieme gareggerete nel rendervi l’un l’altra la versione migliore di voi stessi:

Elena era amante della ricchezza, Paride dei piaceri; assennato Ulisse, casta Penelope; per questo il matrimonio di questi ultimi fu beato e invidiato, l’altro invece provocò un’intera Iliade di malanni ai Greci e ai barbari.

(PLUTARCO, Gamikà Paranghélmata, XXI)

Plutarco descrive il matrimonio come una scuola di virtù.

Uno spazio in cui marito e moglie sono corresponsabili l’uno dell’altra.

Un luogo in cui l’unione dei corpi è al servizio della comunione dei cuori.

Come i medici affermano che le ferite al lato sinistro si ripercuotono sul lato destro, così tanto più la moglie deve provare gli stessi sentimenti del marito e il marito gli stessi sentimenti della moglie, affinché, come i nodi intrecciandosi prendono forza fra loro, la vita in comune sia salvata da entrambi gli sposi.
E infatti la natura ci unisce attraverso i corpi, perché prendendo una parte da ciascuno di noi e mescolandola ci offra una prole che accomuna entrambi, sicché non è possibile distinguere o separare la parte propria da quella altrui.
Pertanto è questa la comunione dei beni che si addice agli sposi: riversando e mescolando tutto in un unico patrimonio e senza distinguere la parte propria e quella dell’altro, ma considerando tutto proprio e nulla altrui.

(PLUTARCO, Gamikà Paranghélmata, XX)

In un altro testo, il filosofo greco torna su quello che – secondo lui – è il fine del matrimonio:

Infatti non è subito che “sono in comune le cose degli amici” e neppure di coloro che si amano, ma ciò accade solo a coloro che, riuscendo a separare le anime dai corpi, con forza le conducono e le fondono, senza voler essere né considerarsi due.
In seguito viene quella castità reciproca, della quale soprattutto ha bisogno il matrimonio; castità che dall’esterno e per mezzo delle leggi più che volontariamente portando in sé la costrizione della vergogna e dei timori – opera di molte briglie e di molti timoni – è sempre a portata di mano dei conviventi.
Poi si accompagna all’amore una tale capacità di autocontrollo (enkratéia), un tale ordine e una tale fedeltà (pìstis), sì che anche qualora Eros avesse mai toccato l’anima di un libertino, fu allora che la allontanò dagli altri amori, ne recise la tracotanza e fece a pezzi la superbia e la dissolutezza, infondendovi pudore, silenzio e serenità e facendogli assumere un aspetto decoroso, e la rese docile ad una sola persona.

(PLUTARCO, dal dialogo Sull’Amore (Amatorius, 767 D-E); cfr. FRANCESCO COLAFEMMINA, Il matrimonio nella Grecia classica, Edizioni Settecolori, Lamezia Terme 2011, p.69)

Plutarco usa parole che suonano strane sulla bocca di un pagano:

  • castità
  • autocontrollo
  • fedeltà
  • pudore

Condanna la dissolutezza…

Auspica che i libertini si «arrendano docilmente» ad una sola persona (altro che relazioni poliamorose)…

Insomma, se questi sono i «tempi pagani» di cui hanno nostalgia le band folk metal…

…allora viva il paganesimo! 😅

3 • La fregnaccia dell’«anima gemella»

L’idea che nel mondo – da qualche parte – esista la nostra anima gemella è molto antica.

Già nel IV secolo a.C. (*) il filosofo greco Platone (428/427 a.C. – 348/347 a.C.) ne aveva parlato nel Simposio, il suo dialogo più famoso.

(*) (Non so se sia stato il primo a proporre una simile visione della realtà, o se l’idea sia ancora più antica)

A un certo punto, durante questo banchetto fittizio, c’è Aristofane che racconta un mito: in origine, gli esseri umani erano “creature doppie”, con quattro braccia, quattro gambe, due volti, etc.

Poiché però gli uomini si sono dimostrati arroganti e pieni di hybris agli occhi degli dei, Zeus li ha puniti, dividendo ciascuno a metà.

Da quel momento in poi, ogni «mezza creatura» – dotata di una testa, due gambe, due braccia, etc. – vive la sua vita cercando «la propria metà complementare», per ricongiungersi ad essa e vivere felici e contenti.

Quest’idea – ciclicamente – si è ripresentata nel corso delle epoche…

…fino ad arrivare ai giorni nostri, dove l’idea dell’«anima gemella» viene veicolata da principesse Disney, principi azzurri, «e vissero felici e contenti», o film hollywoodiani come:

  • Ghost (del 1990)
  • Harry, ti presento Sally (del 1989)
  • Serendipity – Quando l’amore è magia (del 2001)
  • Eternal Sunshine of the Spotless Mind (del 2004)
  • A Walk to Remember – I passi dell’amore (del 2002)
  • Le pagine della nostra vita (del 2004)

Non so che età hai tu che stai leggendo, ma la mia generazione è cresciuta guardando in televisione storie d’amore come queste…

edward e bella

Tutte queste storie d’amore – tante volte – non corrispondevano a quelle dei genitori dei nostri amici… o dei nostri genitori, in alcuni casi:

  • coppie che litigano
  • coppie che non si stimano
  • coppie che si urlano parolacce
  • coppie che si separano dopo quaranta, trenta, dieci, cinque, due anni di matrimonio

In Italia nel 2023 il tasso grezzo di divorzio è stato di 1,4 divorzi ogni 1000 persone, secondo Eurostat (ed è uno dei tassi di divorzi più bassi d’Europa).

Negli Stati Uniti, nel 2022 il tasso grezzo di divorzio è stato di 2,4 divorzi ogni 1000 persone, secondo i dati del CDC e del Census Bureau.

Sempre negli U.S.A., nel 2024 le percentuali di divorzio ammontavano a un valore:

  • tra il 40 e il 50%, in caso di primo matrimonio (fonte)
  • tra il 60 e il 67% in caso di secondo matrimonio (fonte)
  • di circa il 73% in caso di terzo matrimonio (fonte)

Di fronte a questi dati, le domande sorgono spontanee:

  • Il matrimonio è ancora un’istituzione valida o solo un’eredità culturale superata?
  • È realistico promettersi fedeltà «per sempre» in un’epoca di relazioni instabili?
  • Perché cerchiamo l’«amore eterno» in un mondo che sembra favorire relazioni a breve termine?

Qualche anno fa ho letto il saggio «Senza offendere nessuno : chi non si schiera è perduto» dell’attore e drammaturgo italiano Giovanni Scifoni (classe ’76) – un mix di umorismo, satira sociale e riflessioni personali.

A un certo punto – riflettendo sull’annosa questione del «trovare la persona giusta» – Scifoni ha scritto queste righe:

Qualcuno dice che la fedeltà è impossibile perché contro natura; qualcun altro dice che è possibile ma è una questione genetica, che ci sono individui geneticamente monogami o geneticamente poligami; qualcun altro ancora dice che è possibile ma bisogna trovare la persona giusta, ma proprio quella giusta giusta, ma proprio giusta giusta giusta, con il segno zodiacale giusto, e poi non incontrare nessun’altra persona più giusta della prima.
Cioè serve una gran botta di culo.
Anch’io lo penso.
Ma per culo intendo la fatica.
E la scelta.
Scegli di farti il culo.

(GIOVANNI SCIFONI, Senza offendere nessuno : chi non si schiera è perduto, Mondadori, Milano 2021, versione Kindle, 45%)

Nel 2021 avevo scritto una pagina del blog sull’amore.

In quell’occasione, riflettevo sul fatto che molte persone – quando dicono «TI amo» – in realtà intendono «MI fai stare bene».

Per molte persone, stare in una relazione significa inseguire il proprio piacere… con l’altro ridotto a un mezzo per soddisfarlo.

Molte persone, quando pensano alla vita di coppia, pensano ad una dinamica che ha al centro il proprio ombelico.

A questo proposito, il filosofo francese Fabrice Hadjadj (classe ’71) scriveva che molti matrimoni tra un uomo e una donna sono «matrimoni omosessuali», nel senso che ognuno è ripiegato su di sé (cfr. FABRICE HADJADJ, Mistica della carne : la profondità dei sessi, Medusa, Milano 2020, p.139).

Quando una coppia «non va», ci sono fin troppe persone che si affrettano a dare consigli del tipo:

  • «Se l’amore svanisce, meglio lasciar perdere: il mondo è pieno di pesci!»
  • «Se le cose non vanno, non bisogna impuntarsi!»
  • «Perché ostinarsi a far funzionare qualcosa che è già rotto? Meglio cambiare strada!»
  • «Quando non funziona più, è più onesto mollare che trascinarsi in una farsa!»
  • «Se non c’è più feeling, meglio smettere di illudersi e passare oltre!»
  • «Preferisco che una cosa finisca invece che diventi bugiarda!» (l’ha detto recentemente Paolo Bonolis)
  • etc.

Che dire?

Forse è vero che in passato in tanti matrimoni non c’era amore… che tante coppie «tiravano a campare»… che molti mariti e mogli vivevano come estranei sotto lo stesso tetto… che ciascuno dei due cercava consolazione altrove, senza dirlo apertamente…

…oggi però siamo caduti nell’eccesso opposto, e abbiamo finito per applicare all’amore la logica dell’«usa e getta», tipica dell’epoca in cui viviamo.

Siamo diventati molli.

Rinunciatarî.

Pronti a tirare il «seggiolino eiettabile» quando qualcosa non va.

Ah, a scanso di equivoci: quando scrivo tutte queste cose, non mi riferisco (solo) alle «altre persone»mi riferisco innanzitutto a me stesso.

Io sono egoista.

Ho un cuore duro.

Calcolatore.

Ripiegato su di sé.

Pronto a gettare la spugna.

Solo Dio sa il lavoro che sta facendo la sua grazia per dis-incastrare il mio cuore dall’egoismo, dalle paturnie, dalle fisime di pensare che tutto il mondo ruoti intorno a me.

Solo Dio sa quanto Gli costa educare il mio cuore a prendersi cura – giorno dopo giorno – di qualcuno che non sono io.

Che poi, pensavo.

Che tu sia cristiano o meno, prova a pensare alla persona che più ti ha voluto bene nella tua vita.

Non so a chi hai pensato… ma chiunque sia questa persona, è sicuramente qualcuno/a che si è sacrificato per te.

Qualcuno che – in molte occasioni della sua vita – ha preferito mettere te al primo posto, e si è perso/a un po’ di vista.

Qualcuno che avrebbe voluto andarsene, ma è rimasto.

Qualcuno che, forse, ha anche sofferto per te.

Non serve essere cristiani per pensare che la logica dell’«usa e getta» è il contrario dell’amore.

Amare significa dare un’altra possibilità a chi sbaglia.

Perdonare settanta volte sette (cfr. Matteo 18,22).

Non scandalizzarsi degli errori di chi abbiamo accanto.

Accogliere le cicatrici che la vita gli ha lasciato addosso, anche quando questo può essere pesante.

Come scriveva Hadjadj:

La lotta per la fedeltà non consiste tanto nel fingere quando non c’è più niente, quanto nel conservare lo sguardo abbastanza limpido per vedere le ricchezze sempre presenti.

(FABRICE HADJADJ, Mistica della carne : la profondità dei sessi, Medusa, Milano 2020, p.89)

Disclaimer: questo non significa che ci si possa fidanzare con la prima persona che capita, o che ci si possa sposare col primo fidanzato/a che siamo riusciti ad accalappiare.

Scegliere la «persona giusta» richiede discernimento.

Preghiera.

Capacità di sapersi ascoltare e di saper ascoltare l’altro.

E il mondo è pieno di persone frivole, narcisisti, presuntuosi, «principesse di Instagram» e pavoni egocentrici.

Ma non esiste l’«anima gemella»

…o meglio, come scriveva John Ronald Reuel Tolkien (1892-1973) in una lettera a suo figlio Michael:

Quasi tutti i matrimoni, anche quelli felici, sono errori: nel senso che quasi certamente (in un mondo migliore, o anche in questo, pur se imperfetto, ma con un po’ più di attenzione) entrambi i partner avrebbero potuto trovare compagni molto più adatti.
Ma la vera anima gemella è quella che hai sposato.
Di solito tu scegli ben poco: lo fanno la vita e le circostanze (benché, se c’è un Dio, queste non siano che i Suoi strumenti o la Sua manifestazione).

(JOHN RONALD REUEL TOLKIEN, da una lettera indirizzata al figlio Michael, 6-8 marzo 1941, in JOHN RONALD REUEL TOLKIEN, La realtà in trasparenza : lettere 1914-1973, Bompiani, Milano 2001, p.60)

4 • Il matrimonio cristiano

Molte persone pensano che il matrimonio cristiano sia più-o-meno simile a quello civile, con queste due differenze:

  • la location del matrimonio cristiano è più bella – per lo meno, se vivi a Roma, dove puoi scegliere di sposarti in una chiesa barocca, o bizantina, o paleocristiana, o neoclassica, o romanica, o nello stile artistico che più ti aggrada… se vivi a Bulgarograsso, mi sa che la scelta si riduce;
  • nel matrimonio cristiano non puoi divorziare (cioè, sì, «civilmente» puoi divorziare, ma per la Chiesa il matrimonio è indissolubile, quindi considererà sempre il tuo matrimonio formalmente valido, e non ti permetterà mai di risposarti in Chiesa con una nuova squinzia).

Tolta questa differenza però, per molte persone il succo è lo stesso: marito e moglie sono talmente sicuri del loro amore, ma talmente sicuri, ma talmente sicuri, che vogliono proclamarlo davanti ai propri parenti, familiari, amici, conoscenti, etc.

Nel caso del matrimonio civile, si firma un contratto e tutti applaudono.

Nel caso del matrimonio cristiano invece, le persone che credono in Dio immaginano che nell’alto dei cieli ci sia questo Signore Anziano con la barba lunga, che benedice la coppia…

qualsiasi cosa accada

In realtà, le cose non stanno così.

Il matrimonio civile e il matrimonio cristiano sono qualcosa di radicalmente diverso.

Partiamo dal primo.

Ora non vorrei risultare cinico… ma ho sempre pensato che i matrimoni civili siano qualcosa di molto disincantato.

Cioè, intendiamoci: hanno una loro utilità, eh.

Un matrimonio civile è un contratto tra due persone che regola:

  • i diritti e i doveri reciproci tra i coniugi, come la fedeltà e l’assistenza morale e materiale;
  • l’obbligo di contribuire ai bisogni della famiglia secondo le proprie capacità;
  • la responsabilità genitoriale sui figli, inclusa la custodia e il mantenimento;
  • etc.

Dal momento in cui è stato stipulato questo contratto, i due sposi si impegnano a rispettarlo.

Dopodiché, giorno dopo giorno:

  • se entrambe le parti sono soddisfatte di come vanno le cose, si tira avanti;
  • se c’è un disaccordo tra le parti, si può scegliere di rescindere il contratto.

In che consiste invece il matrimonio cristiano?

Parafrasando ciò che insegna la Chiesa, consiste in questo:

Io voglio bene a questa donna.
Ma tanto bene.
Ma tanto tanto bene.
Credo di amarla.
Anzi, la amo.
Anche se – a pensarci bene – la parola «amore» è molto impegnativa.
Cioè… che significa «amare»?
«Amarla» significa starle accanto e custodirla.
Significa perdonarla quando sbaglia… non una volta, ma «settanta volte sette».
«Amarla» significa accoglierla così com’è.
Significa decentrarmi, giorno dopo giorno, per diventare «una sola carne» con lei.
«Amarla» significa dare la vita per lei.
Ecco.
A me tutte queste cose fanno paura da morire.
Io sono abituato a pensare a me, al mio ombelico, ai «fatti miei».
Stare con lei mi fa stare bene…
Mi rende felice…
…da solo però non sono in grado di amare veramente.
Lasciato a me stesso, io sono un egoista.
Però vorrei starle accanto, perché starle accanto è bello.
Signore, mi aiuti Tu?
Mi dai la grazia di amare questa persona come la ami Tu?
Senza di Te, da solo, non ci riesco
.

Cosa voglio dire?

Voglio dire che matrimonio cristiano non si basa (tanto) sul mio amore, ma sul mio desiderio di amare.

Certamente, l’amore non può non esserci.

Non posso sposare una persona che non amo.

Ma questo amore si mescola alla consapevolezza di essere incapace di amare a sufficienza.

Il matrimonio cristiano è l’incontro tra:

  • il mio desiderio di amare una donna;
  • la presa di coscienza del fatto che – lasciato alle mie sole forze – non sono capace di amare veramente qualcuno (neanche me stesso!);
  • la richiesta della grazia di Dio

Il matrimonio cristiano si alimenta della grazia di Dio.

Vive della grazia di Dio.

Ha nella grazia di Dio il suo combustibile.

Tanto per la cronaca – queste cose non me le sto inventando io.

Per constatare che il matrimonio cristiano consiste in questo, è sufficiente andarsi a leggere le preghiere che si recitano a messa quando viene celebrato il rito del matrimonio.

Nello specifico, dopo la preghiera eucaristica, c’è la preghiera della benedizione nuziale.

Di questa preghiera ne esistono quattro formule.

Vi riporto qui sotto alcuni stralci, a mo’ di esempio (ma se cliccate il link che ho messo qui sopra potete leggerle per intero):

Fratelli e sorelle, invochiamo con fiducia il Signore, perché effonda la sua grazia e la sua benedizione su questi sposi che celebrano in Cristo il loro Matrimonio: egli che li ha uniti nel patto santo [per la comunione al corpo e al sangue di Cristo] li confermi nel reciproco amore.
[…]
Guarda ora con bontà questi tuoi figli
che, uniti nel vincolo del Matrimonio,
chiedono l’aiuto della tua benedizione:
effondi su di loro la grazia dello Spirito Santo
perché, con la forza del tuo amore

diffuso nei loro cuori,
rimangano fedeli al patto coniugale.

(Rito del matrimonio, benedizione nuziale, prima formula)

O Dio, stendi la tua mano su N. e N.
ed effondi nei loro cuori la forza dello Spirito Santo.
Fa’, o Signore, che, nell’unione da te consacrata,
condividano i doni del tuo amore
e, diventando l’uno per l’altro segno della tua presenza,
siano un cuore solo e un’anima sola.

(Rito del matrimonio, benedizione nuziale, seconda formula)

Ti lodino, Signore, nella gioia,
ti cerchino nella sofferenza;
godano del tuo sostegno nella fatica
e del tuo conforto nella necessità
;
ti preghino nella santa assemblea,
siano tuoi testimoni nel mondo.
Vivano a lungo nella prosperità e nella pace
e, con tutti gli amici che ora li circondano,
giungano alla felicità del tuo regno.

(Rito del matrimonio, benedizione nuziale, terza formula)

Ora, Padre, guarda N. e N.,
che si affidano a te:
trasfigura quest’opera che hai iniziato in loro
e rendila segno della tua carità.
Scenda la tua benedizione su questi sposi,
perché, segnati col fuoco dello Spirito,
diventino Vangelo vivo tra gli uomini.

(Rito del matrimonio, benedizione nuziale, quarta formula)

Se ci fate caso, in queste preghiere il protagonista non è il marito o la moglie… ma Dio.

È a Dio che si chiede di confermare gli sposi nel reciproco amore.

È a Dio che si chiede di assistere la coppia.

È a Dio che si chiede il dono dello Spirito Santo, perché trasfiguri i cuori degli sposi.

È a Dio che il marito e la moglie chiedono la grazia di amarsi a vicenda, come Gesù ha amato la Chiesa (cioè dando la vita per lei).

La differenza tra un matrimonio civile e un matrimonio cristiano è molto semplice:

  • nel matrimonio civile, il focus è l’impegno dei due sposi a volersi bene e a “rispettare il contratto”;
  • nel matrimonio cristiano, il focus è la grazia di Dio che trasfigura l’amore umano.

Arrivati a questo punto, penso sia doveroso spendere due parlare sull’elefante nella stanza.

Si dà il caso infatti che – nonostante tantissime persone si sposino in Chiesa – anche tra i matrimoni cristiani ci sono molti divorzi.

Perché?

Come mai?

Cosa è andato storto?

litigio tra sposi

Ora.

Facciamo a capirci: il problema dei divorzi nelle coppie cristiane è serio.

Grave.

Stratificato.

Complesso.

E non penso di avere i mezzi né gli strumenti per poterlo analizzare in modo esaustivo.

Prima di chiudere il paragrafo però, vorrei condividere solo UNO spunto su UNA delle cause di questa piaga all’interno della Chiesa.

Tenete presente che ciò che sto per dire non è corroborato da nessuna statistica o indagine sociologica.

Prendetelo per quello che vale: è una mia opinione (corroborata dall’osservazione della realtà)

Io credo che la maggior parte delle persone che si è sposata in Chiesa, si è sposata senza sapere cosa stava andando a celebrare.

E sapete che succede se celebri un matrimonio senza sapere ciò che stai andando a chiedere a Dio?

Succede che fooorse il matrimonio potrebbe essere considerato nullo.

  • «In che senso “nullo”
  • «Sale, non ti sembra un’affermazione un po’ lapidaria?»
  • «Mica siamo tutti teologi! La gente non ha il tempo per vivere… figurati se si mette a studiare qual è il senso del matrimonio cristiano!»

Dunque.

In realtà la frase che ho scritto qui sopra non è una mia opinione.

Nel 2005 – tre mesi dopo essere stato eletto Papa, in un incontro con i sacerdoti della diocesi di Aosta – Benedetto XVI (1927-2022) stava riflettendo sulle difficoltà del matrimonio, sul problema delle coppie divorziate, e su tante altre fatiche legate all’accompagnamento pastorale delle persone che non hanno avuto un «lieto fine» amoroso.

Il papa è stato molto dolce.

Empatico.

Si percepiva la difficoltà e la fatica nella scelta delle parole:

Nessuno di noi ha una ricetta fatta, anche perché le situazioni sono sempre diverse.

(BENEDETTO XVI, da un discorso con il clero della diocesi di Aosta, Chiesa parrocchiale di Introd (Valle d’Aosta) lunedì 25 luglio 2005)

A un certo punto dell’incontro, Benedetto ha detto queste parole:

Quando sono stato Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede ho invitato diverse Conferenze episcopali e specialisti a studiare questo problema: un sacramento celebrato senza fede.
Se realmente si possa trovare qui un momento di invalidità perché al sacramento mancava una dimensione fondamentale non oso dire.
Io personalmente lo pensavo, ma dalle discussioni che abbiamo avuto ho capito che il problema è molto difficile e deve essere ancora approfondito.
Ma data la situazione di sofferenza di queste persone, è da approfondire.

(BENEDETTO XVI, da un discorso con il clero della diocesi di Aosta, Chiesa parrocchiale di Introd (Valle d’Aosta) lunedì 25 luglio 2005)

Arrivati a questo punto, penso che sia opportuno spiegare la differenza tra:

  • il divorzio, cioè l’annullamento di un matrimonio;
  • la dichiarazione di nullità di un matrimonio.

Nel caso del divorzio, accade questo:

  1. due persone decidono di sposarsi civilmente;
  2. dal momento della stipula dell’accordo, il matrimonio esiste ed è valido;
  3. se in qualsiasi momento la coppia decide di divorziare, il contratto viene rescisso.

Nel caso della dichiarazione di nullità del matrimonio, invece:

  1. le due persone – il giorno delle nozze – si sono recate in Chiesa e la celebrazione si è svolta;
  2. però c’è stato un motivo grave che ha reso il matrimonio nullo – cioè è successo qualcosa che ha fatto sì che le parole pronunciate dai due sposi e la benedizione del sacerdote non avessero un effetto sacramentale;
  3. in questo caso, il matrimonio non viene «annullato»… perché non c’è MAI stato un matrimonio!
  4. la Chiesa invece dichiara che quel matrimonio è SEMPRE stato nullo… semplicemente, gli sposi non se ne sono accorti subito, ma tempo dopo.

Quali sarebbero i «motivi gravi» per i quali un matrimonio può essere nullo?

Ce ne sono molti (per chi volesse leggerli tutti, vi rimando al Codice di Diritto Canonico, ai punti dal 1083 al 1123).

L’esempio più sciocco che mi viene in mente è se una delle due persone è stata costretta (sotto minaccia, sotto ricatto, con la forza, etc.) ad andare in Chiesa e pronunciare quelle parole.

Benedetto XVI – nell’incontro che ho menzionato sopra – si pone questa domanda: il fatto che quelle due persone siano andate in Chiesa senza fede…

…senza sapere cosa stavano andando a celebrare…

…senza sapere qual è la richiesta che stavano facendo a Dio…

…senza sapere che il matrimonio consiste nel chiedere a Dio – giorno per giorno – la grazia di moltiplicare l’amore tra loro due, la grazia di amare tuo marito/moglie come Cristo ha amato la Chiesa, la grazia di imparare a dare la vita per quella persona…

non dovrebbe costituire un motivo di nullità del matrimonio?

Il Codice di Diritto Canonico non arriva a dire questo (non è richiesto che i coniugi comprendano pienamente la dimensione sacramentale o la grazia di Dio)…

…però – se devo dire la mia – penso che ci sia del buon senso nelle parole del Papa.

Conclusione

Da più di settant’anni, viviamo in una società che ha fatto dell’«usa e getta» uno dei suoi capisaldi.

Viviamo in una parte di mondo in cui è diventato normale «firmare promesse a matita» (cfr. ANASTASIO, Correre).

È entrata a far parte della nostra cultura l’idea che «libertà» significhi «seguire la pancia» e «sentirmi libero di scappare in Brasile appena qualcosa non va».

Ebbene.

Io penso che l’amore sia un’altra cosa.

Il matrimonio è un’altra cosa.

Non è questione di «apparenza»

Non è questione di «coerenza»

…è questione di bellezza:

Il matrimonio è amore dell’inamabile.
È vedere l’orrore, è essere impotenti di fronte all’altro che soffre, e forse non poter fare null’altro che amarlo ancora di più.
È vedere quanto le proprie parole e le proprie mancanze possano ferire l’altro e avere l’umiltà non solo di chiedere perdono, ma anche di essere perdonati.
È accettare che le parole e i gesti dell’altro risveglino dentro di sé fantasmi dormienti.
È scorgere nell’altro questioni irrisolte e meschinità che lui stesso forse non tollera.
È accettare la quota di tenebra che è dentro di sé e riconoscere che, se non si vigila su di sé e non si sa chiedere aiuto al momento opportuno, si può tradire.
È scegliere di ricominciare dopo aver deposto il cuore in altro che non sia il matrimonio — un’altra persona, un lavoro, persino un figlio.
È morire a se stessi, ben più di una volta.
La ricompensa di tutto questo è la bellezza.

(GABRIELE VECCHIONE, Rimani o vai via? : il desiderio di Giuseppe, Effatà, Cantalupa (TO) 2021, versione Kindle, 36-37%)

sale

(Autunno 2025)

Fonti/approfondimenti

Condividi sui social:

Ti piace il blog?


Clicca la tazzina per aiutarmi a farlo crescere!