Castità, verginità e altre parolacce

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1 • Castità, verginità: bias cognitivi

Se dico «castità» o «verginità», la gente pensa subito al sesso.

O meglio, alla mancanza di sesso.

Di solito, le persone attribuiscono a queste due parole il seguente significato:

  • Castità = non scopare.
  • Verginità = non aver mai scopato in vita propria.
scala del sesso castita verginita

In realtà «castità» non vuol dire «non scopare».

Per le stesse ragioni per cui «amare una donna» non vuol dire «scopare con lei».

2 • «Amore» vs «possessività»

L’anno scorso avevo parlato dell’amore.

Senza attaccare di nuovo la pippa, una delle cose che dicevo è questa:

Spesso, quando le persone dicono: «TI amo» in realtà intendono «MI fai stare bene»

Tra libri, fumetti, film, serie tv (penso anche alle mie preferite: Scrubs, Friends, …), ogni volta che si parla di amore, le caratteristiche su cui si puntano i riflettori sono:

  • le farfalle nello stomaco;
  • il «brividino»;
  • l’«insostenibile leggerezza dell’essere»;
movimenti di pellicceria

In poche parole: l’amore è sempre descritto per tutti quegli aspetti che MI provocano piacere, MI fanno stare bene, MI suscitano emozioni/sensazioni/eccitazioni…

Senza stare a demonizzare tutte queste cose (anzi, la Chiesa stessa dice che emozioni/passioni/sentimenti sono cose sacrosante!), il problema è che si corre un rischio.

Quale?

Lo descrive benissimo Antoine de Saint-Exupéry (1900-1944), il celebre autore de Il piccolo principe:

Non confondere l’amore con il delirio del possesso, che causa le sofferenze più atroci.
Perché, contrariamente a quanto comunemente si pensa, l’amore non fa soffrire: quello che fa soffrire è l’istinto della proprietà, che è il contrario dell’amore. In tal modo so riconoscere chi ama veramente dal fatto che egli non può essere danneggiato.
[…]
Certo, anch’io quand’ero giovane ho camminato su e giù sulla mia terrazza, per via di qualche schiava fuggita, nella quale leggevo la mia guarigione; avrei sollevato eserciti interi per riconquistarla e per possederla avrei gettato ai suoi piedi intere province.
Ma Dio mi è testimone che non ho mai confuso il senso delle cose, e che non ho mai definito “amore” (anche se metteva in gioco la mia vita) questa ricerca della preda.

(ANTOINE DE SAINT-EXUPÉRY, Cittadella, 1948)

Anche il drammaturgo lituano Oscar Vadislas de Lubicz Milosz (1877-1939), in una sua opera teatrale, faceva dire qualcosa di simile alla giovane Girolama Carillo:

Io non metto mai fiori tra i capelli (sono già belli così, grazie a Dio!).
I fiori sono begli esseri viventi, e bisogna lasciare che vivano e che respirino l’aria del sole e della luna.
Io non colgo mai i fiori.
Si può benissimo amare a questo mondo senza aver subito la smania di uccidere il proprio caro amore, o di imprigionarlo tra i vetri, oppure, come si fa con gli uccelli, in una gabbia in cui l’acqua non ha più il gusto dell’acqua e i semi d’estate non hanno più il gusto dei semi.

(OSCAR MILOSZ, Miguel Mañara commentato da Franco Nembrini, Centocanti, Bergamo 2014, p. 186)

Insomma: il contrario dell’«amore» non è l’«odio», ma il «possesso».

3 • Che significa che una persona «non è casta»?

Se pensiamo ad un ragazzo «non casto», immaginiamo che sia un utente «Gold» di Tinder.

Se pensiamo ad una ragazza «non casta», immaginiamo che sia «una facile».

Se pensiamo ad un prete «non casto», immaginiamo una persona che fa uso di pornografia di nascosto…

mancanza di castita

Sì, ok.

Sicuramente quelli che ho descritto sono atteggiamenti non casti.

Tuttavia, questi non sono altro che sintomi (cioè dei «segni esteriori»)…

…la mancanza di castità però è un atteggiamento che si annida molto più in profondità (e che non è assolutamente detto si renda visibile in modo così plateale).

Cos’è allora la castità?

Meglio di come l’ha spiegato papa Francesco non saprei dirlo, quindi riporto quanto ha scritto lui stesso:

La castità è la libertà dal possesso in TUTTI gli ambiti della vita.
Solo quando un amore è casto, è veramente amore.
L’amore che vuole possedere, alla fine diventa sempre pericoloso, imprigiona, soffoca, rende infelici.
Dio stesso ha amato l’uomo con amore casto, lasciandolo libero anche di sbagliare e di mettersi contro di Lui.
La logica dell’amore è sempre una logica di libertà, e Giuseppe ha saputo amare in maniera straordinariamente libera.
Non ha mai messo sé stesso al centro.
Ha saputo decentrarsi, mettere al centro della sua vita Maria e Gesù.

(PAPA FRANCESCO, lettera apostolica Patris Corde, n.7)

Proviamo a fare qualche esempio pratico.

Se ti relazioni con i tuoi amici in modo possessivo, non sei casto.

Se «accampi diritti» sul tempo che il tuo ragazzo dovrebbe dedicarti, non sei casta.

Se «pretendi» che la tua ragazza corrisponda alle tue aspettative, non sei casto.

Se quando parli con un’amica, le lisci sempre il pelo, non la contraddici mai e sei manipolatoria, perché hai paura di rimanere sola, non sei casta.

Se stai nelle relazioni (con gli amici, la fidanzata o cô-chi-tte-pare) finché portano acqua al tuo mulino, non sei casto.

Se sei un prete e confondi la direzione spirituale con il «sentirti libero di imporre a un ragazzo delle scelte che non sente come sue, perché credi di sapere meglio di lui ciò che è bene per lui», non sei casto (e questa è una mancanza di castità assai peggiore della dipendenza da Youporn).

Se pensi di avere Dio in tasca, non sei casto.

Se ti aggrappi alle cose, alle persone, alle relazioni, alla realtà… perché hai paura di perderle, mi dispiace, ma non sei casto.

4 • La «verginità» non è (tanto) una condizione fisica, ma esistenziale

Ciò che ho detto per la castità, vale anche per la verginità.

La verginità nella Scrittura non è una categoria etica ma piuttosto esistenziale […].

(FABIO ROSINI, San Giuseppe – Accogliere, custodire e nutrire, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2021, p.147)

Che vuol dire che la verginità «è una categoria esistenziale»?

Essere vergine non significa (innanzitutto) avere l’imene sano.

Non essere vergine non significa (innanzitutto) avere l’imene rotto.

verginita teologia del corpo

Cosa voglio dire?

Voglio dire che la verginità fisica non è «il fine» da perseguire.

Non è “il trofeo” da sbloccare su Steam.

Non è “l’obiettivo” da rincorrere (spesso masochisticamente e facendosi uscire un’ernia).

Piuttosto, la verginità fisica è (o almeno, dovrebbe essere) segno di una “mentalità verginale”.

Cioè segno di un modo di vivere le relazioni in modo libero.

Gratuito.

Non “rapace”.

Senza “aspettarsi qualcosa in cambio”.

E questa mentalità non riguarda solo preti, suore (o altre persone che vivono il celibato) ma TUTTI:

In tutti gli ambiti abbiamo disperata urgenza di padri verginali – come Dio Padre – gente che non si approprî degli altri, ma sappia coltivarne la bellezza, che sappia consegnare la vita senza rivendicarne la proprietà, che tenga le proprie manacce lontane dalla delicata anima dei giovani, eppure regalando tutto quel che hanno da dare, da insegnare; e che, prima ancora, si preparino ad avere qualcosa da offrire.
Figure che correggano con amore e con sapienza, incoraggiando, valorizzando, mai disprezzando.
Qualcuno che abbia trovato l’equilibrio fra due estremi patologici: stare addosso, in modo asfissiante, oppure distanziarsi tanto da diventare irrilevanti.
Invece bisogna saper stare un passo indietro pur restando al fianco, presenti, affidabili, disponibili.

(FABIO ROSINI, San Giuseppe – Accogliere, custodire e nutrire, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2021, p.18)

5 • Cosa dice la Chiesa Cattolica su «castità» e «verginità»?

Nel Catechismo della Chiesa Cattolica troviamo queste terribili righe:

Ogni battezzato è chiamato alla castità.
Il cristiano si è rivestito di Cristo, modello di ogni castità.
Tutti i credenti in Cristo sono chiamati a condurre una vita casta secondo il loro particolare stato di vita.

(Catechismo della Chiesa Cattolica, n.2348)

Che significa che TUTTI sono chiamati alla castità?

Ambrogio di Milano (339/340? – 397), vescovo e teologo cristiano, scriveva che:

Ci sono tre forme della virtù di castità: quella degli sposi, quella della vedovanza, infine quella della verginità.

(AMBROGIO DI MILANO, De viduis 23: Sancti Ambrosii Episcopi Mediolanensis opera, v. 141 (Milano-Roma 1989) p. 266 (PL 16, 241-242).)

Allora…

  • un primo modo di vivere la castità è il celibato (come fanno i preti, le suore, i consacrati);
  • un secondo modo è quello di chi ha perso il coniuge (per quanto questo caso sia triste, Abrogio lo inserisce nell’elenco);

…ma in che senso gli sposi sono chiamati alla castità?

sposi castita

Lo spiega bene Franco Nembrini, insegnante e pedagogista italiano (classe ’55):

Che cosa significa […] vivere il matrimonio nella castità?
Non certo, come forse potrebbe fraintendere qualcuno, vivere il matrimonio rinunciando al rapporto carnale; ma vivere il rapporto con l’altro, con l’anima e il corpo dell’altro, con quell’infinito rispetto che gli è dovuto, perché è dono di Dio.
Con rispetto e con gratitudine, con passione e con discrezione; grati a Dio per il piacere che ha voluto inscrivere nelle nostre carni, e attenti a non ridurre l’altro a oggetto.

(FRANCO NEMBRINI, dal suo commento al Purgatorio di Dante Alighieri, Canto XXV, Mondadori, Milano 2020, pag. 568)

Conclusione

Riassumendo:

La castità, prima che una condizione del corpo, è una disposizione dell’animo, che sa guardare all’altro come a un dono prezioso, come a un bene infinito, che va affermato per sé stesso e non ridotto alla propria misura, alla soddisfazione del proprio piacere.

(FRANCO NEMBRINI, dal suo commento al Purgatorio di Dante Alighieri, Canto XXV, Mondadori, Milano 2020, pag. 568)

Senza dimenticare che nella vita cristiana non vale mai il principio dell’aut-aut, ma quello dell’et-et:

Nel cristianesimo non c’è consacrazione, verginità, rinuncia alla generazione materiale, che non sia per una misteriosa fecondità; e non c’è fecondità biologica che non vada vissuta dentro una purità di rapporti, una verginità.

(FRANCO NEMBRINI, dal suo commento al Purgatorio di Dante Alighieri, Canto XXVIII, Mondadori, Milano 2020, pag. 632)

sale

(Inverno 2021-2022)

Fonti/approfondimenti

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