La mia paura più grande

Condividi sui social:

1 • Leoni che inseguono gazzelle e gazzelle inseguite da leoni

Non penso di essere mai stato una persona temeraria.

‘Manco pe’ sbajo.

C’è chi nella vita nasce leone…

Chi nasce gazzella…

documentario leone gazzella

Comunque.

Sarà perché vivo in un contesto piccolo borghese, in cui siamo un po’ tutti narcisisti oziosi, schiavi del ciclo di feedback della dopamina (che è quella cosa di cui parlavo qui)…

Sarà perché ho un rapporto pessimo con il dolore

…nella mia vita mi sono trovato ad aver paura di tante di quelle cose, che la metà sarebbero bastate:

  • alle elementari ero terrorizzato dalla maestra Urania (giuro su Dio che si chiamava così!)… ogni giorno avevo il terrore che mi interrogasse e io non fossi preparato (l’ho incontrata qualche settimana fa in una parrocchia non lontana da casa mia, e nonostante ormai sia in pensione, emana ancora un’aura di timore reverenziale simile all’ambizione del Re Conquistatore di Moneky D. Rufy);
  • alle medie, lo stesso effetto – ma moltiplicato dieci – era causato dalla professoressa di lettere (col senno di poi, ho capito che in realtà la maestra Urania – pur essendo molto severa – era una santa donna… mentre la prof. di lettere delle medie era un’emerita stronza, che premiava o puniva gli alunni in base a simpatie ed antipatie totalmente arbitrarie);
  • al liceo non c’era nessun professore che mi incuteva timore… quello che mi spaventava era lo sguardo degli altri: a partire da quello di Flavia e Annalia, che il primo anno mi prendevano in giro per come mi vestivo e mi comportavo, e mi dicevano che ero «un sogggetto» (e forse non avevano tutti i torti)… dopo che sono state bocciate, non avevo più bulletti in classe, ma mi è rimasta comunque una certa soggezione nei confronti “del branco”, del quale ho sempre sentito di non fare parte;
  • all’università, credo che la cosa che più mi spaventasse fosse la possibilità che la ragazza che mi piaceva alla fine del terzo anno mi desse un due di picche… il risultato è stato che ho impiegato quasi un anno a ricevere quel due di picche, per poi volgere altrove la mia attenzione;
  • finché è vissuta, ho sempre avuto paura di nonna Olga (che è morta nel 2014)… oh, fâmo a capisse, nonna Olga mi voleva un bene dell’anima! E io pure le ho sempre voluto super-bene! Però spesso ho avuto paura di deluderla, paura di non portare un bel voto da scuola, paura di non essere “il migliore” ai suoi occhi, paura di non essere il “ragazzo cristiano doc” che lei si aspettava che fossi, etc;
  • negli ultimi anni della mia vita, la cosa che forse più mi ha fatto paura è stata la possibilità di mancare il bersaglio: la paura di trovarmi a fare il lavoro sbagliato, di non trovare “la persona giusta”, la paura di non capire quel che «Dio voleva da me»… in una parola, la paura di toppare con il mio discernimento;
  • etc.

In realtà, però, tutte queste paure mi fanno un po’ sorridere, se penso alla cosa che oggi più mi fa paura…

2 • Chi parla al mio cuore?

Io ho sempre pensato di essere una persona molto “razionale”.

Molto “cerebrale”.

Ma in realtà non è vero.

Tante volte, ho pensato di fare scelte «basandomi sui dati che avevo davanti», ma in realtà stavo semplicemente unendo i puntini in modo cinico o disilluso.

A 19 anni, pensavo di aver scelto la facoltà all’università «in modo lungimirante», ma in realtà avevo semplicemente chiuso un desiderio in un cassetto.

Spesso, ho creduto di agire «senza correre rischi», ma in realtà ciò che mi ha portato a scegliere la strada “più tranquilla” è stata la paura.

In un suo libro di qualche anno fa, don Fabio Rosini scriveva queste righe:

Chi parla al tuo cuore del tuo futuro?
Da come vedi il tuo futuro dipende molto di te…
Infatti c’è lo stato di angoscia, che rappresenta la sensazione del vicolo cieco – angoscia viene da anxus, che vuol dire angolo, dove non c’è via d’uscita.
Se stai andando in angoscia, chi ti sta spiegando il tuo futuro?
Cosa ti sta mettendo sulla strada interiore che aizza la parte peggiore di te, quella immatura, quella irrazionale, quella violenta o quella disperata?
Di certo non lo Spirito santo che parla del Padre e dice che tutto è nelle sue mani.
Lo Spirito Santo insegna le cose future, la vera direzione dei fatti.

(FABIO ROSINI, L’arte di guarire: l’emorroissa e il sentiero della vita sana, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2020, versione Kindle, 81%)

Ora dirò una cosa un po’ stronza.

Avete presente i life coach?

I life coach – da non confondere con gli psicologi e gli psicoterapeuti – sono quelle persone che (a partire dagli 80 euro all’ora) ti insegnano a vivere, a gestire lo stress, i conflitti, ad avere più leadership, a migliorare la tua carriera…

life coach

Ecco.

A me, i life coach fanno (sor)ridere.

E più in generale, mi fanno (sor)ridere tutte quelle persone che:

  • «Se leggi il mio libro…»
  • «Se partecipi al mio seminario…»
  • «Se vedi il mio video su YouTube…»

«…ti prometto di aiutarti a vincere la tua paura più grande».

Che promessa lusinghiera…

…io in realtà sono un po’ scettico verso tutte queste «scorciatoie a buon mercato».

Non sarà uno psicoterapeuta, ma mi sembra che ci sia molto più buonsenso nelle parole di don Fabio:

La paura, infatti, schiavizza.
Se così non è, se è facile vincerla, allora non ho azzeccato la mia paura ma sto cincischiando su robetta periferica
.
Se ho focalizzato la mia paura autentica, la sento come più forte di me.
Se invece con un po’ di impegno ne vengo a capo, sto fuori strada, non è quello il mio vero problema.
No, non basterà una tecnica o la buona volontà per liberare il mio amore dalle sue gabbie.
Io sono dietro le sbarre delle mie paure.

(FABIO ROSINI, L’arte di guarire: l’emorroissa e il sentiero della vita sana, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2020, versione Kindle, 21%)

3 • La mia paura più grande

Ora.

Prima che qualcuno si indispettisca per le affermazioni lapidarie con cui ho chiuso il precedente paragrafo, vorrei precisare alcune cose.

Io penso che:

  • molte preoccupazioni si possono vincere;
  • con molte ansie si può convivere;
  • il giogo della vita è più leggero, se hai due o tre buoni amici che ti aiutano a portare il peso;
  • il tuo fidanzato, la tua fidanzata, tuo marito, tua moglie, è lì accanto a te per prendersi cura delle tue ferite e di tutto quello che ti appesantisce il cuore;
  • un buon percorso di psicoterapia è un grande aiuto per mettere mano a tutte le cose che ho elencato qui sopra.

Però…

Nel precedente paragrafo, non stavo parlando dell’ansia che contraddistingue la nostra generazione…

Non stavo parlando delle preoccupazioni che abbiamo nei varî ambiti della vita: lavoro, amicizie, relazioni, vita privata, condominio, bollo della macchina, etc…

aspettative dei genitori

Ciò di cui stavo parlando è la paura più grande.

La paura con la «p» maiuscola.

La paura «vera».

Quella che non sei mai riuscito a sconfiggere.

Quella che – nonostante le tante passeggiate in cui hai aperto il cuore al tuo amico più caro – continui a trovare insormontabile.

Quella che neanche la psicoterapia ti aiuta a superare, ma che al massimo ti aiuta ad «accettare» (magari un po’ a denti stretti).

La paura che ti paralizza.

La paura che ti blocca.

Ecco.

Come si va a vincere quella paura lì?

Ora.

Dato che il discorso rischia di diventare un po’ fumoso, faccio un esempio molto concreto.

Sapete qual è la mia paura più grande?

La risposta a questa domanda è molto semplice, dato che questa paura mi ha accompagnato (e continua ad accompagnarmi) nei miei periodi più-o-meno lunghi di aridità spirituale…

…la mia paura più grande è che Dio non ci sia.

O meglio.

Per essere più precisi.

Io sono certo che Dio esista (per chi volesse approfondire, lo rimando alla pagina del blog in cui parlavo dell’esistenza di Dio… e anche alla paginetta in cui mi chiedevo cosa accadrebbe se Dio non esistesse).

La mia paura è che Dio non sia Quello di cui ha parlato Gesù.

La mia paura è che Dio non sia il Padre di cui ha parlato Gesù.

La mia paura è che Dio non sia Quello che ha risuscitato Gesù dai morti.

La mia paura è che quella tomba nei pressi di Gerusalemme, nel 33 (e spicci) dopo Cristo, sia rimasta sigillata.

4 • Il 99% dei cristiani…

Ora dirò una cosa molto impopolare (che in realtà ho già detto qui sul blog).

Io penso che il 99.9% dei cristiani non siano cristiani, ma atei praticanti.

Il 99.9% dei cristiani vive in modo mondano, e nei ritagli di tempo dà una “spolveratina religiosa” alla propria vita, per stare a posto con la coscienza.

In questa percentuale, ci sono persone che vanno a messa «col pilota automatico»

…e ci sono preti che celebrano la messa «col pilota automatico».

Sì, esatto.

Secondo me, anche tra i sacerdoti si nascondono moltissimi atei praticanti.

preti idioti

A questo punto qualcuno potrebbe dire: «Sale, ma tu che ne sai di cosa c’è nel cuore delle altre persone? Come ti permetti di giudicare la fede degli altri? E addirittura i preti? Pensa a te e alla tua conversione!».

Qualcun altro potrebbe aggiungere, citando il Vangelo: «Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello, e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio?» (Mt 7,3).

Non so…

Forse avete ragione…

…io però non riesco ad ignorare del tutto le mie papille gustative.

In che senso?

Nel senso che se sento un sapore cattivo in bocca, non riesco a far finta di nulla.

E a dirla tutta, anche Gesù nel Vangelo diceva che questo è un buon criterio di discernimento:

Dai loro frutti li riconoscerete.
Si raccoglie forse uva dagli spini, o fichi dai rovi?
Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni.
Ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco.
Dai loro frutti dunque li riconoscerete.

(Matteo 7,16-20)

Fin da quando ero piccolo, ho sentito dire che Dio trasfigura in modo radicale la vita delle persone…

Ho sentito dire che Dio libera l’uomo dalle sue catene…

Ho sentito dire che senza Dio la vita dell’uomo è un «vivacchiare» e un «tirare a campare»

Ho sentito dire che…

[…] è Gesù che cercate quando sognate la felicità; è Lui che vi aspetta quando niente vi soddisfa di quello che trovate; è Lui la bellezza che tanto vi attrae; è Lui che vi provoca con quella sete di radicalità che non vi permette di adattarvi al compromesso; è Lui che vi spinge a deporre le maschere che rendono falsa la vita; è Lui che vi legge nel cuore le decisioni più vere che altri vorrebbero soffocare.

(GIOVANNI PAOLO II, dal suo discorso durante la veglia di preghiera a Tor Vergata in occasione della XV Giornata Mondiale della Gioventù, sabato 19 agosto 2000)

Ho sentito dire che i sacramenti conferiscono la Grazia «ex opere operato»

…però conosco tante persone battezzate, per le quali sembra che il sacramento del Battesimo «non abbia funzionato».

…conosco tante persone che hanno mangiato chili di eucarestie, ma (fin ora) nulla è cambiato.

…conosco tante persone che non si perdono una messa, ma Dio continua a rimanere «un soprammobile» nella loro vita, e non la relazione più viva, più vera, più autentica, quella su cui si basa o cade tutto.

…conosco tanti (troppi) preti che sono stati ordinati trent’anni fa, e ancora non riescono a fare una bella omelia… e mi fanno tanta tristezza, perché – facendo un paragone con il matrimonio – mi sembra come se un uomo sposato da trent’anni non riuscisse a dire qualcosa di bello su sua moglie, qualcosa che scaldi il cuore e appassioni chi lo sta ascoltando, e faccia capire che non si è innamorato di “un pensiero”, ma di qualcuno in carne ed ossa…

Spesso, quando vedo intorno a me questi “cristiani”, mi incupisco.

Mi adombro.

Ho il terrore che Dio non sia Quello di cui parla Gesù…

Quello che si fa vivo nei Sacramenti…

Quello che ascolta chi si rivolge a Lui chiamandolo «Abbà»

Quello che è uscito da un sepolcro, dopo essere stato appeso mani e piedi ad una croce…

5 • Un lumicino di Speranza

Se c’è una cosa che negli ultimi anni ha tenuto in piedi la mia poca fede, è stato un gruppo di una trentina di cristiani (sparsi nello spazio e nel tempo) che con le loro parole mi hanno scaldato il cuore:

(li cito in ordine sparso)

  • Franco Nembrini
  • John Ronald Reuel Tolkien
  • André Louf
  • Fabrice Hadjadj
  • Vladimir Solov’ëv
  • Clive Staples Lewis
  • Luigi Giussani
  • Alexis Carrel
  • André Frossard
  • Joseph Ratzinger
  • Jean Carmignac
  • Edith Stein
  • e qualcun altro

In alcuni momenti più o meno buî della mia vita, mi sono trovato davanti ad alcuni loro stralci…

…e non ho potuto fare a meno di pensare (a volte con gli occhi un po’ inumiditi): «Questa persona sta dicendo sul serio…».

«Chi ha scritto queste righe non mi sembra che si sia ingannato… e non sta cercando di ingannarmi…».

«Posso dubitare di tante cose nella mia vita… ma queste parole qui sono difficilmente attaccabili…».

«Qui c’è qualcosa che sa di Bello… di Buono… di Vero…».

Ora non vorrei attaccarvi una pippa sulla storia di ciascuna delle persone che ho elencato.

Se avete tempo, vi suggerisco calorosamente di andarvi a leggere le loro biografie (per chi se la fosse persa, in quest’altra pagina del blog avevo raccontato le storie assurde di C.S. Lewis, André Frossard ed Alexis Carrel).

Tra l’altro, molte delle persone che ho elencato non sono nate cristiane, ma si sono convertite da adulte.

Forse non c’è nulla di strano in questo…

cambiare idea

Convertirsi.

Cioè ripensare la propria vita da zero, a partire dalle fondamenta ontologiche (scusate la parolaccia).

Assurdo…

…c’è da dire, però, che ad alcune delle persone che ho elencato, Dio è veramente «entrato a gamba tesa» nella vita:

  • Alexis Carrel (1873-1944) – che era agnostico – aveva accompagnato una sua paziente a Lourdes; la donna era una malata terminale – e sarebbe morta di lì a pochi giorni… e invece Carrel l’ha vista guarire istantaneamente sotto i suoi occhi, dopo che la donna è stata immersa in una delle vasche del santuario;
  • ad André Frossard (1915-1995) – che era ateo – Dio è praticamente apparso vis-à-vis mentre passeggiava per Parigi.

(Di nuovo: per chi volesse approfondire le loro storie, li rimando alla pagina che ho scritto l’anno scorso)

Vi confesso che, spesso, ho chiesto a Dio la stessa cosa.

Che si facesse vivo nella mia vita in modo così evidente.

Che facesse con me quello che ha fatto con san Paolo, che è stato folgorato sulla via di Damasco.

Questa preghiera però non è (ancora) stata esaudita.

Sarà perché Dio vuole fare diversamente con me?

Sarà perché mi sto rivolgendo al Dio sbagliato?

Sarà perché Dio non esiste?

Vai a saperlo.

Non vi nascondo che, più di una volta, il silenzio di fronte a questa preghiera mi ha lasciato una sensazione di frustrazione.

Pensavo tra me e me:

  • «Forse devo riformulare la domanda in modo migliore?»
  • «Oppure devo “abbassare l’asticella” delle mie richieste a Dio?»
  • «Magari devo chiedergli qualcosa più “alla portata” dei suoi poteri?»

Però anche questi pensieri non mi convincevano.

Voglio dire.

Nel libro dei Numeri, quando Mosè mette in dubbio la potenza di Dio perché teme che non sia in grado di prendersi cura del popolo degli Israeliti, ecco cosa risponde Dio:

Il Signore rispose a Mosè: «Il braccio del Signore è forse raccorciato? Ora vedrai se ti accadrà o no quello che ti ho detto».

(Numeri 11,23)

Comunque, non so se è una “strategia vincente”, ma negli ultimi tempi mi sto “sforzando” di cercare Dio in modo più sobrio.

Nei modi più discreti e ordinarî nei quali mi è stato detto che si fa vivo.

Ad esempio, nei sacramenti.

O quando vado a fare l’adorazione eucaristica.

O nei momenti in cui durante la giornata mi sento al buio e invoco il suo nome.

Però, spesso, tutti questi momenti sono frammisti a pensieri neri, e non sono sicuro di riuscire a capire bene chi o cosa io stia ascoltando (purtroppo ho una discreta propensione a flirtare con la tristezza e «fare il piagnone»)…

Cosa intendo con «pensieri neri»?

Intendo quelli di cui parlava don Fabio:

[Il pensiero nero]

  • si insinua in genere nel contesto di un evento negativo – oggettivo o irreale – vissuto come assurdità, o ingiustizia, oppure a causa di errori commessi e percepiti come irrimediabili;
  • è un pensiero categorico che afferma qualcosa in modo perentorio, irrevocabile;
  • prende una parte della realtà e la assolutizza;
  • di conseguenza scambia ciò che è primario con ciò che è secondario e viceversa;
  • isola dagli altri, in prima istanza – e dopo fa cercare dei complici;
  • quindi ritiene di non poter essere rivelato perché nessuno lo sa comprendere fuorché chi lo pensa;
  • disegna prospettive da vicolo cieco, senza via d’uscita;
  • innesca l’ansia di soluzioni ad ogni costo, e se la soluzione non appare condanna all’impotenza e alla tristezza;
  • non crede al bene;
  • autorizza al male;
  • vagheggia obbiettivi apparentemente possibili in realtà inarrivabili;
  • afferma la certezza inappellabile di aver capito le intenzioni altrui, cattive o sbaglite;
  • non accetta di essere contraddetto.

[…]
Il pensiero “nero” è sintetico, è una fucilata, colpisce al centro della sagoma dell’essere.
La sua formulazione è secca, anche se scivola nella mente come fosse una consolazione.
È ellittico, ossia si muove fra l’autodistruzione e l’auto-esaltazione, ed è comunque una visione non equilibrata, brutta da una parte o dall’altra.
Questo pensiero torna in mente e distorce la visione di tutto quel che ci circonda a partire dalla nostra parte peggiore.
Il contenuto di questa menzogna ha le guise più diverse, ma in realtà ha due livelli: il primo è quello direttamente consapevole, che si formula nel nostro cuore, ci viene in mente.
Per identificare questo primo livello occorre provare a ricordare qual è il primo pensiero che abbiamo avuto nei nostri attimi peggiori, quello che è venuto fuori nei momenti di esasperazione o di stanchezza; può essere rabbioso o mesto, aggressivo o remissivo, disperato o pretenzioso, ma viene a galla come un vecchio cliente, lo conosciamo, è una cosa che ci siamo detti già: è la nostra tristezza, forse aggressiva, comunque scoraggiante.
Forse, per identificare il livello manifesto e primario del pensiero ingannevole basta aspettare il prossimo impulso verso un atteggiamento infantile o distruttivo e fermarsi a pensare: qual è la prima cosa che mi è venuta in mente? Quale pensiero mi ha autorizzato a questo atteggiamento sbagliato?
Il colore di quel pensiero in genere ha a che fare con la cattiva metabolizzazione di un vecchio evento, letto in chiave mesta, dolorosa, senza costruttività.
Ma questo è squisitamente personale, e rimanda alle caratteristiche spiegate poc’anzi: quel pensiero nero, una vota entrato, si trasforma, come già detto, in convinzione.

(FABIO ROSINI, L’arte di guarire: l’emorroissa e il sentiero della vita sana, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2020, versione Kindle, 24-25%)

6 • Cosa potrebbe vincere la paura?

Cosa vince una paura insormontabile?

A cosa ci si può aggrappare quando siamo con le spalle al muro?

Come si riesce ad avere la meglio sulle ombre più nere, quando attanagliano il cuore?

Vi riporto qui sotto alcune righe da un libro che Joseph Ratzinger (1927-2022) scrisse nel 1968:

Ebbene, il bambino sarà libero dalla sua paura nel momento in cui troverà una mano che stringa la sua e lo guidi, quando sentirà una voce che gli parli; nel momento, quindi, in cui sperimenterà la compagnia di una persona che gli vuole bene.
[…]
La vera paura dell’uomo può essere superata non con l’intelletto, bensì soltanto grazie alla presenza di una persona che gli voglia bene.
[…]
Se ci fosse una solitudine in cui nessuna parola di un altro potesse più penetrare a cambiare la situazione, se si verificasse un abbandono talmente profondo da non permettere più ad alcun ‘tu’ di raggiungere chi è abbandonato, avremmo allora uno stato di vera e totale solitudine, quello stato spaventoso che il teologo chiama ‘inferno’.

(JOSEPH RATZINGER, Introduzione al cristianesimo, Queriniana, Brescia 2005, p.290)

Di quale persona sta parlando Ratzinger?

Chi è quella persona che può entrare in quel buio e in quella solitudine di cui sta parlando?

Avete presente il Credo? Quella preghiera che molti dei cristiani di cui parlavo sopra recitano a messa col pilota automatico?

recitare il credo

Ecco.

A un certo punto del Credo, si recita:

Discese agli inferi; il terzo giorno risuscitò da morte.

(Simbolo degli Apostoli, 5° articolo)

In che consiste la «discesa agli inferi» di Gesù?

E, soprattutto, «che c’azzecca con la mia vita?».

Cosa sono «gli inferi»?

Ratzinger parla di «una notte nel cui abbandono non scende alcuna voce» e di «una porta per la quale possiamo passare esclusivamente da soli» (Ibidem, p.291).

Il buio di cui parlavo prima.

Il terrore.

L’angoscia da cui nessuno mi salva.

Siamo così tornati nuovamente al punto di partenza, all’articolo di fede che afferma la discesa di Gesù agli inferi.
Questa frase ci conferma quindi che Cristo ha varcato la soglia della nostra ultima solitudine, calandosi con la sua passione in questo abisso del nostro estremo abbandono.
Là dove nessuna voce è più in grado di raggiungerci, lì egli è presente.
Con ciò l’inferno è vinto.

(JOSEPH RATZINGER, Introduzione al cristianesimo, Queriniana, Brescia 2005, p.291)

La fede cristiana – ridotta all’osso – non consiste in nient’altro che questo: che per quanto io possa incupirmi, rattristarmi, cadere in basso, fallire, mancare clamorosamente il bersaglio nella vita, perdere ciò che più mi sta a cuore (aggiungeteci quel che vi pare)…

Per quanto io possa cadere nelle profondità del mio «tunnel degli orrori»

…nel fondo di quel pozzo, se mi volto, troverò sempre un volto e uno sguardo su di me: quello di un Carpentiere Galileo.

La Chiesa – da duemila anni – non annuncia nient’altro che questo…

…la Sua dolcezza.

…la Sua tenerezza.

…il Suo abbraccio.

…la Sua mano tesa.

Vorrei fare (e rifare) esperienza di tutto questo nella mia vita.

Conclusione

Io vorrei che Dio scendesse nelle mie tenebre.

Nel buio in cui a volte mi trovo.

Nel «qui ed ora» in cui lo attendo.

E che lì portasse «la sua pace» (Gv 14,27).

Il che non significa che Dio debba risolvere i miei problemi.

Perché ho capito da tempo che la pace non consiste nel «non avere problemi».

Come scriveva don Fabio (e chiudo con le sue parole):

[«Pace»] in ebraico si dice shalom, ed è un concetto diverso dal nostro.
L’idea comune di pace è l’assenza di tensione, assenza di guerra; invece il concetto ebraico di shalom è abbondanza, o anche stato di benessere.
Nella Bibbia, compare una condizione di pace che non è assenza di nemici, ma uno stato di abbondanza di fronte al nemico.

(FABIO ROSINI, L’arte di guarire: l’emorroissa e il sentiero della vita sana, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2020, versione Kindle, 80%)

sale

(Inverno 2023-2024)

Fonti/approfondimenti

Condividi sui social:

Ti piace il blog?


Clicca la tazzina per aiutarmi a farlo crescere!